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Già a partire dal 1977 Roger Waters aveva iniziato a registrare dei demo casalinghi con alcune idee musicali, e fu dopo la fine dell’In the flesh tour, quando nel giugno 1978 la band si riunì per decidere il da farsi, che portò con se questi demo. I pezzi erano divisi in due cassette e raggruppati concettualmente: la prima cassetta, intitolata Bricks in the wall, conteneva le idee riguardo ad una storia di alienazione e redenzione, ispirata al clima interno ed esterno alla band e alle vicende personali dell’infanzia di Waters; l’altra invece conteneva i pezzi che sarebbero poi finiti nel primo album solista di Waters, The pros and cons of hitch-hiking, una storia intimista di fuga dalla vita di coppia adulta. La band scelse il primo dei due demo, l’idea del muro piacque e i quattro si misero al lavoro sui vari pezzi.

Si trattò quindi per la prima volta di un disco nato interamente – musica e parole – da un’idea di Waters. Il lavoro degli altri membri della band, benché abbastanza evidente da dare un suono tutto sommato floydiano al disco, fu incentrato sullo sviluppo delle idee e della coesione interna del lavoro, ma non si può negare come tutta o quasi la struttura musicale e testuale del disco fosse appannaggio del solo Roger.

Su consiglio della moglie di Waters il gruppo cercò un produttore esterno, ruolo che fu ricoperto da Bob Ezrin. In questo modo, si dissero, avrebbero avuto un riferimento per l’evoluzione sonora del disco e per renderlo più omogeneo. Più spesso però il ruolo di Ezrin sarebbe stato quello di mediatore fra le varie personalità all’interno del gruppo, dato che i rapporti umani si andavano sempre più disfacendo: Waters, in quanto autore della maggior parte del materiale e di fatto protagonista della storia, cercava di mantenere il controllo su quanti più aspetti possibili del progetto; Gilmour, dal canto suo, era arrivato alle sessioni con alle spalle un album solista e quindi poche idee musicali rimaste, ma spinse perché queste idee (che poi divennero Comfortably Numb e Young Lust) finissero sul disco. Mason e Wright erano infine sempre più relegati come comprimari, il primo specializzato ormai in effetti sonori ed aiutato da numerosi turnisti per le registrazioni dell’albfloydstudio.jpg_415368877um, il secondo afflitto da problemi di coppia e da una forte dipendenza dalla cocaina. Il temperamento di Wright era mal tollerante dell’ego in forte espansione di Waters, fu così che il tastierista si trovò presto totalmente demotivato, alle prese con un disco in cui non riusciva a trovare spazio e dove le poche parti di pianoforte e tastiere erano spesso incise dallo stesso Waters o da Ezrin. Dopo essersi presentato per qualche settimana in studio soltanto per fare presenza a Richard Wright, tastierista da 12 anni nella band e fondatore del gruppo, venne fatta dal resto del gruppo una proposta lapidaria: avrebbe concluso le registrazioni del disco, partecipato al tour come membro stipendiato ma di fatto fuori dalla band, dopodiché avrebbe lasciato il gruppo. Wright non poté che accettare, e a malincuore partecipò alle rimanenti sessioni di registrazione.

Nei mesi che seguirono, tra uno studio di registrazione e l’altro, l’album venne limato e ultimato. L’apporto di Ezrin e del tecnico del suono James Guthrie si fecero sentire nell’introduzione di alcune sonorità vicine alla musica dance e nel suono più asciutto rispetto al passato, che contribuirono a fare del disco qualcosa di sostanzialmente nuovo nel repertorio Floydiano. Un’ora e venti di musica per un totale di 26 pezzi, bastava confrontarli con i 5 brani di Animals o WYWH per capire come qualcosa fosse cambiato.

L’uscita di The Wall, il 30 novembre 1979, fu preceduta da una potente campagna pubblicitaria, come già avvenne per Animals, ma in più regalò ai fan l’uscita di un singolo, Another Brick In The Wall (part II). Era dal 1969, dopo la delusione delle vendite di Point Me At The Sky, che i Pink Floyd non pubblicavano un 45 giri. Questa volta, forti della produzione di Ezrin e di una serie di ottime idee messe in fila a livello sam1760tsia di testo che di musicalità, il singolo si piazzò fermamente in testa alle classifiche. Non solo, ma il fatto che si trattasse di fatto di un’invettiva contro il sistema scolastico britannico fece nel suo piccolo scandalo, al punto che in Sudafrica (all’epoca in pieno Apartheid) ne fu proibita la commercializzazione.

Il successo di Another Brick The Wall lanciò il disco, che ebbe un volume di vendite enorme per un’opera rock e diede il via a quello che sarebbe stato il culmine – e al tempo stesso l’epilogo – della storia della band: la promozione del disco, il tour, il film.

Alcuni demo dei pezzi che avrebbero poi composto l’album sono stati editi nel 2011 all’interno della campagna di ristampa dei tre album di maggiore successo della band: The Dark Side of The Moon, Wish You Were Here e per l’appunto The Wall. L’ascolto dei pezzi è interessante per i fan che conoscono i pezzi a menadito e possono notare differenze e dedurre l’evoluzione dei pezzi prima della pubblicazione. Per i neofiti di fatto è una gigantesca sega mentale, che sconsiglio di affrontare.

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