In mezzo alla carne

Nel 1977 i Pink Floyd sono in tour e portano in scena le canzoni di Animals. Non si tratta di un tour normale, il disco è un concentrato di rabbia e frustrazione nei confronti del Regno Unito tatcheriano e conservatore, del militarismo. Un album negativo, dove gli unici momenti di speranza sono relegati ai margini, nei due bozzetti acustici che aprono e chiudono il disco.

PF-Montreal-1977

Il tour riflette questi contenuti, e si intitola “In the flesh tour 1977″. Le date si svolgono in stadi e palazzetti. Bisogna considerare che i Pink Floyd fino al 1972 erano famosi ma non avrebbero mai riempito uno stadio; poi, dopo il successo clamoroso di Dark side of the moon e poi di Wish you were here, si sono ritrovati ad essere in pratica la più famosa band del pianeta. Aggiungi anche che il ’77 era un anno complicato non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa: esplode il punk, la crisi energetica galoppa, una rabbia generazionale investe tutti i paesi più ricchi. Non è più la rivoluzione dei costumi del ’68, ma un concentrato di insoddisfazione che investe tutti gli aspetti della società, ed anche il pubblico cambia di conseguenza: non più gli hippie o post-hippie dei primi ’70, che vedevano nei concerti un modo per raggiungere nuovi mondi e nuove sensazioni, non più il pubblico silenzioso dei bootleg dei concerti dei PF del 1971, limpidi e cristallini. Il pubblico dei PF del successo planetario è formato da giovani rumorosi e rabbiosi, normal_1977_15così come rabbiosi sono i musicisti sul palco. Ma è la comunicazione che non può più funzionare come prima, con i quattro musicisti sul palco nascosti dalle trovate sceniche e dai fumi e le luci. Ci provano, i Pink Floyd, il tour prevede il famoso padellone per le proiezioni, il maiale volante (per la prima volta in scena), fumi e luci, ma la distanza tra loro ed il pubblico viene violata spesso e volentieri da petardi, urla, cori che provengono da chi vuole entrare senza pagare il biglietto. Si alza la tensione sul palco, viene rischiata la rissa più volte.

Il culmine di tale clima velenoso si ha il 7 luglio 1977: sul palco di Montreal. Concerto disturbato come al solito ma stavolta i nervi di Roger Waters, da sempre il più sensibile al rapporto con il pubblico, reagiscono in modo diverso. Durante Pigs on the wing, chitarra acustica e voce, parte del pubblico rumoreggia e lo interrompe una volta, poi un’altra. Lui riprende a suonare ma, proprio all’inizio della strofa, un petardo esplode sul palco. La goccia fa traboccare il vaso e sbroccare Waters, il quale dal microfono invita chi l’ha lanciato ad andarsene, e chiunque non abbia voglia di ascoltare il concerto a seguire il suo esempio e togliere il disturbo. Il concerto prosegue, ma ovviamente l’equilibrio tra pubblico e gruppo è andato, lo show è nervoso e il pubblico pure. Ad un certo punto, mentre suonano Pigs, un fan particolarmente esagitato infastidisce Waters, il quale si avvicina al bordo del palco e gli sputa in faccia.

1977-01-26 Pink Floyd Festhalle Concert Photo _26_

A quel punto ogni limite è stato passato, la band reagisce con compostezza e il concerto viene concluso, ma prima di andarsene Waters trova il tempo per tornare a parlare al pubblico. In parte è pentito del suo gesto, ma non riesce a nascondere la rabbia. Dice:  “Thank you–take it easy. Don’t worry about it! I don’t…well I do, but I wish I didn’t.”

Questo, lo spitting incident del quale si è tanto scritto sui libri biografici prima e sul web poi, è forse il momento del concepimento vero di quello che poi fu The Wall. Waters, come ebbe a dire spesso in seguito, sentì che un muro si era alzato nella comunicazione tra il gruppo e il pubblico. Questo muro da un lato proteggeva la band, dall’altro la condannava ad un isolamento autistico. Il pubblico dall’altro lato sembrava violentemente spingere verso questa direzione. Waters stesso dichiarò che ebbe, durante l’ “In the flesh tour”, la chiara visione del pubblico bombardato e fatto a pezzi e contemporaneamente in visibilio per questo essere al centro dell’attenzione violenta da parte della band.

Invitato alla Rock’n’roll hall of fame, a Cleveland, Roger Waters sintetizzò così quei giorni: ‘In the Old Days, pre-Dark Side of the Moon, Pink Floyd played to audiences which, by virtue of their size, allowed an intimacy of connection that was magical. However, success overtook us and by 1977 we were playing in football stadiums. The magic was crushed beneath the weight of numbers. We were becoming addicted to the trappings of popularity. I found myself increasingly alienated in that atmosphere of avarice and ego until one night in the Olympic Stadium, Montreal, the boil of my frustrations burst. Some crazed teenage fan was clawing his way up the storm netting that separated us from the human cattle pen in front of the stage screaming his devotion to the demi-gods beyond his reach. Incensed by his misunderstanding and my own connivance, I spat my frustration in his face. Later that night, back at the hotel, shocked by my behavior, I was faced with a choice. To deny my addiction and embrace that comfortably numb but magic-less existence or accept the burden of insight, take the road less traveled and embark on the often painful journey to discover who I was and where I fit. The wall was the picture I drew for myself to help me make that choice.’ That’s a good summation of it.”

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