Traintime

Nei primi anni ottanta Peter Hammill mise insieme “The K Group”, una band di supporto formata per metà da membri dei Van Der Graaf Generator (Guy Evans alla batteria e Nic Potter al basso) e per l’altra metà da se stesso e dal chitarrista John Ellis.

Con il K Group Hammill registrò due album in studio (Enter K, Patience) e un live, The Margin. Da molti questo periodo è considerato quello più vicino alla New Wave e curiosamente sono tra i più accessibili per i neofiti. Nonostante non manchino le sperimentazioni le canzoni assumono una struttura piuttosto consueta, mentre la presenza del K group fornisce un calore alla performance che si distacca dal periodo elettronico di “A black box”.

Traintime è il brano che apre il secondo lato di Patience. Attraverso la metafora del treno e del telegrafo parla del trascorrere del tempo e di come non ci sia altra soluzione che “parlarci sopra”, far finta che ogni secondo trascorso non sia un secondo irrimediabilmente perduto.

Along the tracks the wires are humming
in bursts of code like far-off drums.
Fathering the message:
further up the line someone’s shouting
down the passage of time.

The corridor restrains the window,
no view without the eye within.
Bold upon the threshold
but holding on the line
we’re shouting down the passage of time.

Relatives speak on the phone, on the train,
talking before they have thought to explain;
voices pitched wildly on tracks in the night
can’t pick the pace up…
oh let there be light!
How light becomes the soul.

You know yourself the centre of attention,
you see yourself the locus of event.
I’m sorry if it’s painful quarrying the lime,
stage centre,
shouting down the passage of time.

The corridor retains its shadows,
its secrets compartmentalised.
Damping down on ambience,
clamp the teeth and grind,
shouting down the passage of time.

What’s there to see or make clear?
What’s there to know
when the voice is right here?
What’s there to promise or vow?
What’s to believe, when the time is right now?

Relatives spoke on the phone, on the train,
talking before they had sought to refrain;
voices projected, spears in mid-flight
frozen forever…. oh let there be light!

Lungo le rotaie i fili mormorano
in vampe di codici, come tamburi lontani.
Il messaggio viene composto:
Più su lungo la linea qualcuno sta urlando
parlando più forte del passare del tempo

Il corridoio blocca la finestra,
non c’è alcun panorama senza l’occhio interiore. 1
Sulla soglia con fare sicuro
ma mantenendo la posizione
parliamo più forte del passare del tempo

I parenti parlano al telefono, sul treno,
aprono la bocca prima di aver pensato a come spiegarsi;
voci lanciate all’impazzata sui binari nella notte
non riescono a tenere il passo…
oh, sia la luce!
Come diventa leggera l’anima. 2 

Capisci da solo qual è il centro dell’attenzione,
vedi da solo qual è il fulcro dell’azione.
Mi dispiace che sia doloroso scavare la calce,
sotto ai riflettori,
parlando sopra al passare del tempo.

Il corridoio trattiene le proprie ombre,
i propri segreti compartimentati.
Dmorzando l’atmosfera
stringi i denti e grattali,
parlando più forte del passare del tempo.

Cos’altro c’è da vedere o chiarire?
Cos’altro c’è da sapere
quando la voce è lì vicina?
Cos’altro c’è da promettere o giurare?
Cos’altro c’è da credere, se il momento è ora?

I parenti parlano al telefono, sul treno,
parlando senza nemmeno provare a trattenersi;
voci proiettate, arpioni a mezz’aria
congelati per sempre… oh, sia la luce!

La versione in studio prevede un tappeto di percussioni che evocano il ticchettio del telegrafo (e/o il passaggio del treno). Dal vivo questa ritmica in parte si perde e l’arrangiamento per solo pianoforte si fa più cadenzato.

Da ricordare anche la versione orchestrale suonata in Francia negli anni novanta

e quella con la “Peter Hammill Band” (Peter Hammill, Dave Jackson, Stuart Gordon, Manny Elias)

https://www.youtube.com/watch?v=EB8SkyIylck

0
  1. Difficile non vedere una citazione dei Beatles di “Within you without you” in questa assonanza within/without
  2. C’è un gioco di parole con “light”, che significa sia “luce” che “leggero”. Se entra la luce l’anima si fa leggera, però si può anche interpretare il verso come “la luce diventa l’anima stessa”

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