Tensione involutiva

A molte persone Jovanotti non piace per partito preso: io invece lo ascolto dal 1994, mi piaceva allora e mi sta simpatico anche adesso. Dal vivo è ancora spettacolare, ha scritto una manciata di dischi ottimi e ha cambiato molte cose nella musica e nel costume italiano: non tutte nel verso migliore, ma con un bilancio secondo me positivo.

Detto questo, l’impressione è che negli ultimi anni il buon Jova si sia dimenticato come si scrive una melodia. Più probabilmente anzi si è convinto che scrivere un pezzo non richieda una melodia, il che va bene se sei John Zorn ma è un po’ problematico se sei uno pseudo-cantante pop.

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Tensione Evolutiva, Ora, Terra degli uomini, Ti porto via con me, Estate, Sabato, Gli immortali, L’estate addosso e adesso questa/o Pieno di vita: tutti singoli che non hanno una melodia canticchiabile vera e propria, una strofa o un ritornello che si piazzino in testa. Sembrano e probabilmente sono delle basi composte in studio da esperimenti o jam session sulle quali Lorenzo stende un testo che è più o meno un monologo. Non un rap, dove la ritmica delle sillabe ti porta da un verso all’altro, e nemmeno una canzone dove la melodia di una sezione ti traghetta verso l’altra. Non ci sono stacchi musicali tra strofe e ritornelli (“Ora” ne è un ottimo esempio), non ci sono incisi strumentali veri e propri che diano una cadenza ai pezzi: insomma, sono canzoni piatte. E su tutto questo, dato che i testi sono spalmati sopra come la nutella sul pane tostato, non è possibile canticchiare se non a tratti. Niente ilpiùgrandespettacolodopoilbigbang, niente ciaomammaguardacomemidiverto (ho preso apposta due esempi a vent’anni di distanza). Basta prendere Gli Immortali, dove l’unica parte davvero canticchiabile è quel “nananananaaaa” che sembra Gente della notte e Vasco insieme, roba di trent’anni fa. Il resto della canzone scivola via come l’acqua sull’auto che hai appena incerato.

Concerto_Jovanotti_FirenzeOvviamente la piattezza è più evidente nelle ballate, come Terra degli uomini. Come fa “terra degli uomini”? Ascoltatela e provate poi a canticchiarla, appena finita. Non lo sapete più. Magari vi vengono due versi, poi non sapete più se va in su o in giù. Come un pezzo di Dylan – direte voi – ma qui il testo è insulso coi congiuntivi sbagliati. O anche Ti porto via con me, come fa? La strofa potrebbe essere quella di qualunque degli altri singoli, stessa metrica e forse gli stessi accordi, tanto quali accordi? A 2:43 sembra iniziare un giro di piano catchy, clonato da City of blinding lights degli U2, ma si interrompe subito, come se avesse paura di diventare, da forma, sostanza.

Le eccezioni ci sono, ovviamente. Sabato ad esempio è un pezzo pop perfetto, con un bel riff elettronico, la strofa che si appiccica, il ritornello scandito e totalmente diverso dalla strofa. Però a parte queste eccezioni mi sembra che l’idea sia quella di scrivere musica da urlare, che puoi sbraitare come uno slogan in faccia al Jova durante i tour degli stadi o al bar in spiaggia: ed è divertente – l’ho fatto anch’io – ma serve avere uno, due, tre dischi DOPPI ripieni di pezzi così?

Jova, io ti voglio bene, sul serio, ma forse sarebbe meglio fare dischi da trentacinque minuti anziché da novanta e ficcarci dentro solo le idee buone, quelle davvero buone. Provaci, dai.

Benchmark: con lo stesso andamento di ukulele Jovanotti ci ha costruito estate mentre Daniele Silvestri ha scritto Il mondo stretto in una mano. Siamo su due pianeti diversi.

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1 commento su “Tensione involutiva

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