2018-12-05T16:17:56.000Z

«Spiegami che succede» mi dice all’improvviso, con lo sguardo basso e un tono dimesso.

Madre mia, ho pensato, e che ti devo dire? Che vederti così è una sofferenza che non riesco a raccontare a nessuno? Che non esiste modo alcuno per farti stare meglio e non ho la più pallida idea di cosa fare per poterti donare un po’ di quiete? Che a volte ancora mi chiedo perché tutto questo sia dovuto capitare proprio a te che sei sempre stata buona e generosa con tutti, anche quando non lo meritavano? Che quando parlo di te alla psicologa è come se guardassi di spalle un’altra persona che racconta i suoi problemi di convivenza con la propria compagna a cui non vuole più bene ma poi basta solo sentire pronunciare il tuo nome che tutto si spezza e diventa un cadere continuo? Che a volte mi è capitato di pensare che forse preferirei saperti morta piuttosto che in tutto questo dolore che ti attraversa e che non so placare in nessun modo se non per pochi minuti?

Così ho guardato “L’indomabile piumino”, il disegno che Zerocalcare ha realizzato nel mese di novembre per il calendario di Internazionale e le ho sorriso prima di inventare una storia inverosimile, resuscitando i nostri morti fino alla terza generazione, sistemandone qualcuno al lavoro, qualcun altro in vacanza, alcuni in campagna a zappare la terra e altri ancora fuori dal paese. Lei mi ha guardato con gli occhi tristi e scuri e ha detto con un filo di voce incerta: «Non so. Va bene. Credo quello che dici tu e non a quello che ho nella testa.»

L’ho guardata e non sono riuscito ad abbracciarla perché sarei scoppiato a piangere. Le ho pizzicato la guancia dopo un minuto di reciproco silenzio e poi lei ha aggiunto frasi smozzicate e senza senso, dove risaltava il fatto che deve capire qualcosa, se sbaglia qualcosa, che ha lasciato e visto questa, e ha detto come mai pensava tutto. Poi ha singhiozzato.
L: «Non sono stanca.»
M: «Non sei stanca! Ti senti forse un po’ confusa? Hai forse mal di testa?»
L: «Ho tutto.»

Io non me lo riesco proprio a immaginare come si possa sentire mia madre, anche perché non so immaginare nemmeno come mi sento io. Non me lo chiedo, non mi pongo il problema. La guardo e l’unica cosa certa e triste è che, anche se non ha la minima idea di chi io sia, lei si fida di me che invento sempre storie diverse, in base al momento e al suo umore.

Così le ho messo uno dei miei maglioni più grandi per farla stare al caldo e siamo tornati in cucina dove, per circa un’ora è rimasta in piedi e non ha fatto altro che parlare in un linguaggio vulcaniano che ignoro. Poi, prima che mi mettessi a preparare la cena, ha sorriso di nuovo. E io con lei. Link: Caregiver Whisper 50

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