2019-12-11T23:44:23.000Z

Sara, 26 anni, è partita dalla Costa d’Avorio con suo marito tre anni fa: “Non avevamo libertà, per questo abbiamo lasciato il nostro paese”. È arrivata prima a Niamey, in Niger, poi in Algeria. Non avevano intenzione di raggiungere l’Europa, ma avrebbero semplicemente voluto trovare un lavoro in un altro paese africano. “In Algeria però ci hanno incarcerato e ci hanno venduto ai trafficanti libici, siamo stati portati in Libia, a Sabha. Così ci siamo ritrovati in quel paese, dentro una prigione in cui siamo stati torturati, finché non abbiamo pagato un riscatto”, racconta. Usciti di prigione, hanno vissuto e lavorato in Libia per un periodo. “La polizia, tutte le autorità in Libia, sono complici dei trafficanti, avevamo paura di essere messi in prigione di nuovo, vivevamo nella paura”, afferma Sara.

“Nelle prigioni libiche le donne subiscono violenze di ogni tipo”, continua la donna che scoppia in un pianto inconsolabile. Alla fine Sara, suo marito e sua figlia Malika sono finiti di nuovo in prigione in Libia, nel carcere di Tarik al Sikka a Tripoli. Allora il marito di Sara ha pagato una tangente ai carcerieri per far uscire almeno la sua compagna con la bambina. “Abbiamo lasciato mio marito in prigione, non abbiamo nessuno con cui ricongiungerci in Europa, ma quello che speriamo è che lui esca di prigione e arrivi in Europa”, conclude la ragazza

Link: Le altre madri, storie di donne costrette a emigrare

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