clic

L’album “Clic” di Battiato – del 1974 – uscì con in allegato un libretto.

Noto che online non circolano trascrizioni del libretto stesso quindi ho pensato di trascriverlo io – dalle foto prese da Discogs – pubblicare il testo qui. C’è da dire che il buon Franco non ha mai mancato di essere sopra le righe, col suo modo di fare allo stesso tempo fortemente reazionario e fortemente rivoluzionario.

Leggendo questo testo scopriamo anche che l’abuso delle virgole, tanto di moda nei nostri tempi, è una usanza che ha una lunga storia ben precedente al World Wide Web.

 

Il nuovo udibile
Anzitutto cominciamo col dire che siamo tutti compositori, e che è proibita la proprietà acustica nel senso stretto del termine.
Se io, per esempio, scrivo un pezzo e lo sottopongo al tuo ascolto, dal momento che siamo diversi e molto anche (per interessi, per educazione, per neuroni ecc. ecc.), la mia mmusica, dentro il tuo io, cambia completamente. A questo punto sei tu i lcompositore. Io ti ho fornito solamente il materiale sonoro, più o meno stimolante, ma le tue elaborazioni (almeno per adesso) sono diverse dalle mie.

Sul principio della radio, a mio avviso, si basa tutta la nuova musica: un circuito d’antenna capta le onde elettromagnetiche dell’aria.
In questo caso, l’antenna sei tu che capti il suono modificandolo e, venendone a sua volta modificato.
Il suono massaggia le cellule, il corpo sente non solo attraverso le orecchie, ma anche attraverso tutti i pori. La tua responsabilità sta nello sceglierti i suoni, attivamente, al di là di una passiva audizione estetica.
A che cosa mira questo nuovo tipo di ascolto?
Non c’è pericolo che diventi alienante?
Assolutamente!
E’ terapeutico e liberatorio.
Sia chiaro che non sto propinandoti un’evasione mistica, ma un modo per vivere la storia senza esserne soltanto vittima.
Senza accorgercene (o anche accorgendocene), siamo prigionieri di schemi, di strutture, di abitudini che dobbiamo assolutamente smantellare.
Cominciamo quindi col rompere questa scatola, dentro la quale ci hanno o ci siamo messi… non ha importanza!

Ascoltando Aus den dieben tagen di Stockhausen, ho avuto per la prima volta la sensazione che i suoni fossero personificati: c’era tra di loro un dialogo continuo, un’intesa perfetta, come se vivessero in una dimensione diversa ma per certi versi parallela a quella umana.
La responsabilità del nuovo musicista è quella di capire e approfondire il suo rapporto con il suono, cercando l’inesplorato spazio acustico.
Lavorare ancora oggi su suoni e strutture tradizionali significa vivere di fantasmi: ognuno di quei suoni possiede una sua immagine ben codificata, tanto facile da ritrovare quanto vuota e inutile alle nostre esigenze.
Nella nuova musica il suono non è più imitazione della natura ma è natura esso stesso: la musica diventa scienza.

Schizofrenia
Ci hai mai fatto caso che non riesci a pensare con lo stesso timbro con cui in realtà parli?
Tutte le persone che conosco, quando si sono imbattute per la prima volta in una registrazione della propria voce, inevitabilmente hanno esclamato: ma questo qui non sono io… Com’è possibile dico, non riconoscere la propria voce, pur avendola sentita miliardi di volte?
E’ semplice: tutto quello che dal soggetto esce, non è sottoposto ad alcun controllo perché, l’abitudine, l’accettazione di sé come io formato, ha, per così dire, licenziato i doganieri.
Tutto quello, invece, che dall’esterno entra nel soggetto, viene analizzato, vagliato e catalogato.
Così si spiega anche perché la maggior parte delle persone si accetta volentieri così com’è e si comporta in un modo che magari in un altro la indisporrebbe notevolmente.
C’è un modo per ovviare a questo grosso inconveniente?
A mio avviso attraverso la schizofrenia, non più vista come malattia, ma come cura.
Devi riuscire a vederti dall’esterno come se si trattasse di un’altra persone, a solo allora il tuo giudizio avrà un valore oggettivo.
Devi riuscire a vedere la tua faccia o a sentire la tua voce, senza bisogno di specchi o di registratori, e a vedere ogni tuo movimento con coscienza.
E, per coscienza intendo essere sempre presenti dove si è, senza riflessi condizionati o abitudini meccaniche: scoprire che puoi vivere senza assuefazione alla vita!

Un sogno
Mi trovavo nell’atrio di un tribunale, sotto un’atmosfer kafkiana per intenderci.
Una voce scandisce: ACUSTICA…
Tocca a me, penso… mi fanno strada due fattorini vestiti da generali, che mi conducono, “traverso un corridoio lunghissimo, di fronte a una giuria.
Inchìnati, mi sussurra uno di loro, sei dinnanzi al Supremo Pubblico Ministero del Pubblico. Avvicinati, dice il giudice facendomi un cenno. Tanto per cominciare, hai un nome troppo difficile, figliolo, bisognerà cambiarlo…; per adesso tieni, aggiunge porgendomi una partitura: eseguila! Se supererai l’esame, avrai l’onore di rappresentare il pubblico!
Quindi se vuoi realizzare te stesso devi vestirti e suonare quello che noi per Lui ti ordiniamo.
Fatemi uscire, per piacere. Ho sbagliato stanza.

Sul problema della comunicazione
Comunicazione, per la maggior parte, non è quello che uno deve o può dirti, in base alle sue esperienze, aperture, soluzioni ecc. ecc. ma quello che la gente vuole che le si dica, quello e non di più.
Molti critici e cronisti musicali altro non sono che rappresentanti e programmatori degli errori altrui. Non vogliono responsabilità, e non prendono mai decisioni: il cliente ha sempre ragione!
Signori, non spacciate per comunicazione quella che è una volgare imitazione dell’inutilità.
Onestamente non trovo molta differenza tra una partita di calcio e un concerto di musica rock, come non trovo differenza tra l’ultimo pop in generale e il circo equestre (premettendo che per me questo ultimo è una delle cose più tristi che ha inventato l’uomo).
La gente che parla di alto potenziale elettrico e comunicativo nel rock, che eccita milioni di giovani osannanti, forse dimentica che lo stesso risultato lo hanno ottenuto in passato le marce di Hitler o Mussolini: d’altronde, come diceva, W. Reich, questi non erano pazzi, ma rappresentanti!
Ammettiamo pure che i raduni pop siano grandi feste. E’ un modo come un altro per trovarsi insieme: ma c’è di più?
Viaggiando attraverso una qualsiasi regione italiana, capita di leggere per centinaia di chilometri sulla pubblicità murale il revival degli idoli-mummie degli anni 50. “Stasera grande ballo popolare”.
Valori e sentimenti di questa apoteosi della sana tradizione! Sul palco cinque poveri buffoni che fingono di divertirsi a suonare, in pista ombre che vivono di identificazione (che ballano nei cortili le danze dei grandi saloni patrizi, che sognano di vivere fotoromanzi).
“Cose che fanno accapponare la pelle”, come direbbe il mio amico Juri Camisasca.
In un paese come il nostro dove va di moda il liscio, che spazio hanno conquistato i giovani? E poi siamo sicuri di volerlo questo spazio?
Scusatemi, ma io non riesco più a sopportare la canzonissima, il salame, i tanghi, il recupero delle tradizioni, le scampagnate, il folk, il vino bevuto coi padrini, le love stories…
W le pillole sintetiche degli astronauti o le schede perforate dei computers”
A proposito di computers… molti paventano il pericolo che un giorno o l’altro, le macchine (questi mostri artificiali) prenderanno il sopravvento sull’uomo… riuscirà l’uomo a rimanere umano?
Questo è assolutamente ridicolo!
Se c’è qualcosa di disumano contro cui dobbiamo combattere, questo è l’uomo oggi!
Un computer non è altro che una copia in miniatura del nostro cervello, cervello che a tutt’oggi l’uomo utilizza solo al 25% delle sue possibilità.

Verso un periodo di grandi cambiamenti
1972, un anno veramente decisivo. Dedicavo tutto il mio tempo allo sperimentalismo elettronico e alla ricerca del suono.
Senza accorgermene, stavo praticando la meditazione e la concentrazione: ero talmente assorto e preso dai suoni, che, non pensavo a niente, dimenticandomi quindi di esistere come divenire e diventando solo essere.
Ero continuamente in espansione, senza essere preparato a questo nuovo tipo di sensibilità.
E’ solo e sempre la paura delle cose che non conosci che ti fa vedere tutto quello che tu hai paura di vedere!
Mi ricordo che stavo sempre male, “tra color che son sospesi”. Non appartenevo a niente e a nessuno, vedevo il cielo di carta e la natura di plastica.
Ma, il fondo, lo toccai a New York, l’estate del ’73, dove, per un mese tutti i giorni, ho combattuto col suicidio.
Di notte lievitavo, diventando masse di colori, di giorno mi sentivo portare via.
Mentre camminavo mi sentivo attratto, come un piccolo ferro da una grande calamita: oppure mi sentivo spegnere, come se ad un tratto mi toglievano i contatti o la corrente.
A volte, il mio corpo si sconponeva, diventando migliaia di rette che andavano in tutte le direzioni, velocissime.
Sono stato un dinosauro, un metallo, ho sentito centinaia di voci parlare tutte insieme.
Una notte, ero sicuro di morire (più del solito). Giunto al massimo, mi lasciai andare, accettando tranquillamente l’idea della morte, quando all’improvviso cominciai a sentire un’energia inequivocabile, che, partendo dalla testa, si stabilizzò presto su tutto il corpo, portandomi una serenità ed una gioia che non immaginavo neanche potesse esistere.

Solo toccando il fondo
riesci a capire quanta
acqua c’è sopra
o a che altezza ti trovi

— Franco Battiato, 1974

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