Area #3

1974. Gli Area continuano a suonare dal vivo e pubblicano il terzo album, Crac!

“Le rovine non le temiamo. Ereditiamo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta screscendo, proprio adesso che io sto parlando con te.” (Buenaventura Durruti)

Se il primo album era stato un big bang nel panorama della musica italiana, ed il secondo un accanimento e una divagazione sugli stessi temi, Crac! segna indubbiamente un momento di sintesi del suono della band. Si tratta di un disco di altissima qualità e ricchissimo di idee ma non particolarmente innovativo dal punto di vista sonoro. Può essere per questo considerato il punto di partenza ideale per chi desiderasse conoscere la discografia degli Area essendone a digiuno.

L’incipit del disco è lasciato a L’elefante bianco, un grido di libertà che lascia già trasparire come le doti vocali di Stratos, già solidissime, fossero all’epoca ulteriormente migliorate. Negli anni infatti il cantante aveva approfondito la conoscenza delle musiche dell’estremo oriente e delle tecniche vocali più primitive, ma non per questo meno complesse, dei popoli più antichi. Celebre fu la sua collaborazione con l’università degli studi di Padova finalizzata allo studio dell’espressione vocale di Demetrio Stratos sia dal punto di vista linguistico che morfologico. In pratica ci si chiedeva come riuscisse a produrre le melodie vocali per le quali è divenuto famoso e le ancora più famose diplofonie e triplofonie vocali, ovvero emissioni contemporanee di più suoni modulati fra loro.

Il disco prosegue con La mela di Odessa, divenuto col tempo un grande classico del gruppo. Il brano racconta, sotto forma di una favola metaforica, il dirottamento realmente avvenuto di una nave dal porto di Odessa (Ucraina) da parte di un artista dadaista di nome Apple. Egli, volendo andare a vedere una mostra nella neonata Unione Sovietica, pensò bene di dirottare la nave con tutti i passeggeri. Una volta in URSS venne salutato con grandi feste, che comportarono anche l’esplosione della nave e dei passeggeri a bordo di essa.

Il brano consiste di un’introduzione piuttosto free, seguita da un tappeto funky in 10/8 sul quale Demetrio narra la favola di cui sopra. Dal vivo l’esecuzione del pezzo prendeva spesso una piega più avanguardista, includendo una mela mangiata da Stratos sul palco, con calma serafica. Un’esecuzione del pezzo, commenti del pubblico inclusi, la si può ascoltare nell’album live del 1975 Are(A)zione.

L’altro pezzo cardine di Crac! è Gioia e rivoluzione, probabilmente l’unica vera “canzone di successo” degli Area. Fu il simbolo di un’epoca, grazie ad un  ritornello orecchiabile benché pieno di significati.

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Il 1975 segna la registrazione del primo album live degli Area, Are(A)zione. Si tratta di un disco registrato quasi in presa diretta durante alcuni concerti del tour di quell’anno e contiene, oltre ad un paio di classici del gruppo, anche una lunga improvvisazione jazzata e la rilettura de L’internazionale, l’inno proletario che era stato, nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione, anche l’inno nazionale sovietico.

Come la band spiega nel libretto, Are(A)zione nasce dalla somma dei termini “Area” (“complesso di fenomeni localizzati in un definito ambito territoriale”) e “Azione” (“soggetto di un’opera letteraria drammatica o narrativa, in prosa o in poesia o destinata a un’elaborazione musicale”) e vuole proprio indicare la decisiva partecipazione del pubblico alla riuscita dello spettacolo: al di là di banalità come “musica gratis per tutti” eccetera, ed altri slogan che andavano per la maggiore in quel periodo, ci si riferisce con questo termine composto alla necessità che la gente si riappropri di sé e del proprio spazio anche nella dialettica musicale, per non subire passivamente la musica ma “farla” attivamente.

piclcuIl gruppo aveva in realtà già inciso L’internazionale per un singolo (!) uscito nello stesso anno al fine di raccogliere fondi per la causa di un anarchico italiano, Giovanni Marini. Questo ragazzo di vent’anni, di Salerno, era stato oggetto di una spedizione punitiva da parte di alcuni militanti dell’MSI e nella collutazione aveva ucciso il vicepresidente del Fronte Universitario d’Azione Nazionale Carlo Falvella, diciannovenne ed ipovedente. Essendosi costuitosi ed essendo stato arrestato la sua situazione mobilitò gli artisti dell’Italia di quegli anni più vicini alle sue posizioni al fine di raccogliere fondi per il processo. Gli Area risposero per l’appunto con la pubblicazione del singolo L’internazionale/Citazione da George L. Jackson. Quest’ultima altro non è che un brano di pochi minuti con un testo che si riallaccia al fallito tentativo di evazione del leader delle Black Panthers George Jackson compiuto dal fratello Jonathan. Il tentativo finì in un massacro, nel quale finirono coinvolti oltre allo stesso Jonathan anche il giudice che presiedeva al processo e due imputati.

A questo punto la domanda che nasce legittimamente è: “ma gli Area, un gruppo a loro modo colto, eppure popolare, sicuramente di sinistra, simpatizzavano apertamente per assassini e terroristi?” Una parvenza di risposta possiamo leggerla nei commenti riguardanti la canzone nella relativa pagina di Canzoni contro la guerra.

Con il linguaggio di oggi dovremmo rispondere: sì, solidarizzavano apertamente con gente che sosteneva e praticava la violenza rivoluzionaria. Oggi li si chiama “terroristi”. Ma I fratelli di Soledad non fu stampato clandestinamente, era un libro della Giulio Einaudi Editore, pubblicato poco dopo l’edizione originale americana. E sempre l’Einaudi fece uscire successivamente Con il sangue agli occhi, dove la necessità della violenza è dichiarata in maniera ancor più netta e inequivocabile.

 

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7 commenti su “Area #3

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