Aspettare stanca

Quand’ero piccolo mi trovavo molto spesso ad attendere, a lungo. I miei genitori erano una coppia di ritardatari cronici, più di me, e molte volte mi ritrovavo da solo ad aspettarli per molto tempo in attesa che mi venissero a prendere o mi portassero da qualche parte.
Una volta cresciuto iniziai ad aspettare il pullmino della scuola, poi l’autobus. Al ritorno dal liceo aspettavo di vedere il padre o la madre di un compagno di classe che potesse darmi uno strappo fino a casa, poi all’università aspettavo la corriera che arrivasse a portarmi a lezione, oppure a casa.
Alcune volte la corriera arrivava, altre volte era già passata, altre volte ancora chissà dov’era finita.

Recentemente ho visto diversi post, in giro, dedicati ad un sentimento semplice e condivisibile come la nostalgia: “che belli erano i nostri tempi”, “quanto ci divertivamo con poco”, “come si viveva tranquillamente anche senza telefonini e smartphone. Altro che lo stress di oggi!”.

4693744449_100d336ba5_bIo – anche se ero giovane – ricordo bene gli anni senza smartphone e senza internet. E sapete una cosa? Ero molto più stressato allora.

Non sapere quando una persona tornerà a casa è stressante. Stare ad aspettare dietro alla porta che arrivi, o che passi a prenderti per portarti ad un appuntamento dove qualcuno ti sta a sua volta aspettando, è snervante. Attendere una corriera che non passerà è sfinente, e se su quella corriera passata c’era un tuo compagno di classe o di corso non c’era modo che potesse avvertirti. Aspettare l’apertura di un negozio, trovarlo chiuso senza un perché, aspettare l’arrivo di un pacco. Tutte attività stressanti, piene di un’ansia a senso unico che non si caricava mai di un valore positivo. Semplicemente, dato che non c’erano altri modi di gestire la cosa, si aspettava.

Ora aspettare è un’attività superata: mentre si attende che qualcuno arrivi si possono controllare le ultime notizie, scrivere un post, guardare il meteo, scattare una foto e mandarla a un amico. Si può anche scrivere alla persona che si sta aspettando chiedendole dov’è, oppure telefonarle. Idem se si sta facendo aspettare qualcuno. Se si è su un mezzo si può avvertire del ritardo, se lo si è perso si può aggiornare in tempo reale chi ci avrebbe attesi inutilmente alla fermata o in stazione. Tutte rotture in meno, decine e decine di momenti di ansia e frustrazione risparmiati. Litigate e perdite di tempo ridotti all’osso.

È importante educarsi alla noia ed è bene abituarsi a dei momenti di distacco dal flusso continuo di informazioni. Tutto questo però non deve andare a minare la qualità della vita di tutti i giorni, riempiendola di buchi privi di azione durante i quali non si può far altro che lasciarsi invecchiare. Perché è bene ricordare a noi stessi che non si stava meglio quando eravamo disconnessi, semplicemente non avevamo alternativa.

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