Decidere di decidere se mangiare o meno il pesto è roba da matti

Trovo molto interessanti tutte queste diatribe culinarie e le reazioni provocate. Gli articoli espongono spesso – anche in questo caso – dei punti di vista personali spacciati come soluzioni a lungo termine. Dall’altro lato i commenti espongono una vasta selezione di punti di vista talebani sulla questione, come reazione alla faciloneria dell’articolo. I problemi però rimangono e sono talmente complessi che l’unico modo per farsi un’opinione è decidere da quale parte stare, e restarci. Ma volendo mettere un minimo in crisi le proprie certezze non si può fare a meno di chiedersi, nel caso specifico:
– e se l’articolo è puro click-baiting e in realtà non è vero niente?
– e se fosse l’articolo dell’Independent ad essere fallace?
– siamo sicuri che la non-sostenibilità del pesto acquistato derivi dal contenuto e non ancor di più dall’imballaggio e/o dal trasporto? E qual è questo costo? E quanto è grande, rapportato alle mie altre scelte quotidiane?
– prendiamo per buono che l’Independent dica il vero e le piantagioni di pinoli stiano devastando interi ecosistemi. Il problema sono i pinoli, le piantagioni di pinoli o chi li coltiva? Ha senso, in un mondo nel quale abbiamo accettato il capitalismo auto-regolante come unica religione, scandalizzarsi di fronte a queste derive?
– sostituendo in massa i pinoli con le noci non potremmo trovarci qui tra un anno, due anni a discutere delle piantagioni di noci che distruggono un altro ecosistema da qualche parte? E se la risposta è no, perché?

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– qual è l’attendibilità dell’Independent riguardo alle questioni ambientali? Che dati cita?
– ma gli spinaci dove crescono? Chi li coltiva? Se uno dei problemi è la grande domanda di pesto a livello mondiale non è che forse cambiare uno, due o tutti gli ingredienti non farebbe che spostare il problema? O forse no, ma quali sono i numeri?
– qual è il fabbisogno di acqua di una piantagione di pini? E di una di spinaci?
– quali sono le condizioni e i diritti dei lavoratori nelle piantagioni di pinoli? E in quelle di spinaci? E in quelle di pecan, mandorle e noccioline? E quelle degli allevatori delle mucche da Parmigiano invece?
– prendiamo per buono di sostituire il parmigiano con pecan, noci, noccioline e mandorle. L’impatto ambientale di queste coltivazioni è inferiore rispetto all’allevamento da formaggio (che immagino meno esoso di quello da carne, o forse no)?
– l’articolo dice che gli spinaci sono ricchi di ferro, la biotecnologa nei commenti sostiene che il ferro degli spinaci sia poco e non assimilabile dall’organismo. Di chi fidarsi? A chi dare la palma dell’attendibilità?
– il fatto che un parassita abbia decimato la produzione di pinoli del Mediterraneo dovrebbe portarci a consumarne di meno? Oppure di più per far ripartire l’economia dei coltivatori di pinoli mediterranei senza doverne andare a prendere in Corea oppure in Siberia?

Ogni scelta comporta delle conseguenze e per scegliere bene occorre essere informati. Il punto è che con tutta l’informazione a portata di mano non si capisce più niente, non si riesce a scegliere. Allora si finisce per fare il pesto come lo fa Michela dell’Amico, contenti del surrogato, oppure si finisce impestando di commenti il suo articolo. Oppure ancora si finisce per mangiare lo stesso il pesto, sapendo che forse è insostenibile e perdendo parte della gioia del mangiarlo. Oppure, infine, si rimane disinformati e forse felici, forse.

Dal referendum sull’acqua a quello sulla fecondazione assistita, dal nucleare al pesto alla genovese, dalla carne rossa alle magliette di cotone: non c’è cosa più complessa che crearsi un’opinione, pronti magari a metterla in discussione il giorno successivo.

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