Fish out of water

Associo gli Yes all’estate.
Fu d’estate che mio zio mi prestò il CD di Close to the edge, con quella copertina tutta verdognola così poco invitante. E qualche giorno dopo, in piena estate e con le finestre aperte, dovendo alzare il volume così tanto per coprire i rumori della strada mi accorsi che il basso in quell’album mi faceva tremare le budella, e pure i vetri dei bicchieri nella vetrinetta.
Fu d’estate che ordinai per corrispondenza Tales from topographic oceans, pagandolo dei miliardi. Lo ascoltai per la prima volta in camera, con le finestre chiuse in un pomeriggio di luglio per tenere fuori il caldo. Fu come immergersi in un mare denso e tiepido, una sensazione non sempre piacevole ma indimenticabile.
Fu d’estate che – uscito da scuola alle mezzogiorno e venti di un sabato, riuscii a comprare Fragile prima che l’unico negozio di dischi chiudesse, a mezzogiorno e mezzo. Tornato a casa sentii Roundabout per la prima volta, e The Fish, e Heart of the sunrise.
Fu d’estate che presi il coraggio a due mani e comprai Relayer: mi sembrava ostico e rivudo, scoprii che lo era anche di più. Me ne innamorai in fretta e nella difficile estate del 1999 fu la colonna sonora più consona che potessi immaginare.
Fu ad un mercatino estivo che comprai Yesshows, che non avevo mai visto prima. Tornato a casa lo andai ad ascoltare da un amico perché il mio giradischi era irrimediabilmente rotto, avendo la puntina rotta (e dove l’avrei potuta trovare, allora?). Pensavo che la mia copia si sentisse male invece era davvero così: un disco mixato verso il basso, con Squire in prima fila.
Fu d’estate che usai il computer di mio cugino (grazie Ivano, sapessi che favore mi hai fatto quella volta!) per scaricare canzoni che non avrei saputo dove trovare. Fu in quell’estate che con il mio primo vero e proprio stipendio mi comprai Keys to ascension. Alla sera avevo solo il walkman per ascoltarlo quindi me lo doppiai in cassetta usando lo stereo portatile del mio coinquilino.
Fu d’estate che li vidi dal vivo, il 7 luglio del 2004, a Brescia. Il loro ultimo tour o quasi in formazione classica. Pochi ricordi, però nitidi.

Chris vorrei salutarlo così, con i ricordi che ho legati a lui e un unplugged che non avevo mai visto prima di oggi. Non è la dimensione più virtuosa degli Yes, non c’è il famoso Rickenbacker bianco, ma non ci sono nemmeno le cappe e i mantelli o le esagerazioni: ci sono solo cinque musicisti e la forza delle loro canzoni. E poi in acustico White se ne sta fermo per una buona fetta dello show, quindi almeno non fa danni e non tira indietro.

So long, Chris. Per i cori celesti saranno cazzi.

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