Frinire

Il caldo dell’estate, la brezza sotto agli alberi, il sole a picco per me hanno il suono delle chitarre acustiche dell’inizio di Dogs.

La cassetta che a 13 anni mi doppiò Vanni Lanzarotto, che sul lato B aveva una selezione fatta da lui, inserita nel walkman sony. Auricolari con le gommine nelle orecchie e via, in bicicletta, verso Legnago, a guardare i CD (non è un eufemismo, andavamo davvero solo a guardarli) da Ferrarin. E poi dai nonni, e poi al grest, e poi da Stefano, e poi in giro in mezzo ai campi. Una estate intera praticamente sempre e solo con Animals. Chissà che anno era. Da allora, tutti gli anni, il caldo e la brezza e il sole a picco hanno anche quel suono lì.

“Un album monocorde e poco ispirato”, sentenziava un libro sui Pink Floyd che avevo preso in prestito dallo zio e poi fotocopiato. Un giudizio sbagliatissimo che ringrazio perché mi abbassò totalmente le aspettative, così quando lo ascoltai per la prima volta fu come una sberla.

Che poi, pensavo, Animals è il disco che ha davvero portato la batteria senza piatti nel rock, altro che Peter Gabriel e Robert Fripp. Qui i piatti sono mixati così bassi da essere inaudibili, totalmente mescolati al resto, il che contribuisce non poco al meraviglioso feeling claustrofobico dell’album.

E lasciano le frequenze alte aperte per far entrare nelle cuffie il suono delle cicale.

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