Gli album che mi hanno fatto alzare un sopracciglio nel 2019

Siamo a fine dicembre e fioccano le liste dei dischi di fine anno. Stavolta però qualcosa è diverso dal solito: secondo la maggior parte dei critici che ho letto il 2019 è stato un anno di ottime produzioni musicali. Una piena controtendenza rispetto al luogo comune che vede i critici diventare dei fossili nostalgici mano a mano che avanza la carriera.

Eppure, sarà perché invecchio io oppure perché invecchiano gli artisti, il 2019 è stato anche un anno di delusioni discografiche da parte di “grandi vecchi”. “La terra sotto ai piedi” di Daniele Silvestri, “Tradizione e tradimento” di Niccolò Fabi, “Colorado” di Neil Young con i Crazy Horse, “Ghosteen” di Nick Cave. Tutti dischi che mi hanno detto poco fin dal primo ascolto.

Per fortuna ci sono state anche delle conferme e alcune nuove sorprese. Ecco quindi due righe su ciascuno dei dischi che nel 2019 mi ha fatto almeno alzare un sopracciglio e si è fatto riascoltare volentieri, nella speranza che possa essere fonte di piacere anche per voi.

Per ogni album ho scelto 2-3 brani rappresentativi e li ho infilati in una playlist su spotify. La potete trovare qui.

FULMINACCI – LA VITA VERAMENTE

Il disco dell’anno. Punto.
Fulminacci è giovane, è più o meno Romano, si ispira a Battisti e a Rino Gaetano. Il suo primo album si intitola La vita veramente e fin dall’inizio dell’anno è stata per me la colonna sonora perfetta per molti bagnetti (del pupo, non miei), viaggi in auto, pomeriggi di lavoro. I testi sono intelligenti ma non impegnativi, la musica altrettanto, su tutto quanto si spande un alone di facilità di composizione e realizzazione che è proprio dei debutti. Un disco fresco, bello. Avercene. Dal vivo poi lui è spettacolare e ha in saccoccia almeno altre tre-quattro canzoni fenomenali che al momento ha presentato solo nei concerti.
Se continuerà con questa qualità finirà per diventare davvero un grande della musica italiana. Per ora si accontenta, e non è poco, di un premio Tenco come miglior opera prima e di altri riconoscimenti importanti come quello di Rockol.

La selezione: La vita veramente, La soglia dell’attenzione, Borghese in borghese, Ua sera, Davanti a te

TOOL – FEAR INOCULUM

Un ritorno temutissimo quello dei Tool, per il quale le aspettative erano forzatamente innalzate oltre il livello di guardia.
Invece, con mia sorpresa, i quattro pigroni hanno sfornato un album con un numero limitato di idee melodiche stirate e stiracchiate, come la pasta di una buona pizza. La presenza-assenza di un Maynard ormai annoiato e molto rispettoso del lavoro degli altri tre fa di Fear Inoculum un disco ben bilanciato, affascinante e che resiste sorprendentemente bene agli ascolti successivi. Non è un capolavoro, non è il loro miglior disco e manca purtroppo totalmente di quell’ironia che era uno dei marchi di fabbrica della band, però è un piccolo passo in una direzione nuova per i Tool. Una direzione ancora più dilatata che in passato. Sarà il loro Animals, un disco snobbato dai neofiti e riascoltato con piacere dai fan.

Selezione: Fear inoculum, Descending, 7empest

LA RAPPRESENTANTE DI LISTA – GO GO DIVA

Inserisco questo disco nella lista barando spudoratamente, essendo uscito a dicembre 2018. Colpevolmente non lo inserii nella lista dell’anno scorso quindi stiracchio un po’ le regole e lo metto quest’anno.

Go Go Diva è il disco del “diventare grandi”. Dopo un esordio un po’ acerbo e un disco stracolmo di idee come Bu Bu Sad, la Rappresentante di Lista ci ha regalato il disco della maturità, che parla di due tabù dei nostri tempi come il rapporto con il corpo e la consapevolezza. L’elettronica degli arrangiamenti alla lunga è un po’ pesante e alcune canzoni ne risentono, il consiglio è sempre quello di sentirli dal vivo e godersi la carica teatrale di Veronica che trascina l’intera band dietro di sé.

Selezione: Questo corpo, Giovane femmina, Guarda come sono diventata

DIMARTINO – AFRODITE

Questo non me l’aspettavo. Che Dimartino fosse bravo lo sapevo ma non avrei immaginato da lui un album così solido, coeso, ricco di buone idee. La produzione è affidata a Matteo Cantaluppi, già al lavoro sull’ottimo Night Mistakes dei Joe Victor di qualche anno fa, e la sua manina si sente. C’è tanto Battisti, quello disco-funk di Una donna per amico e Io tu noi tutti, ma anche tanto altro. Il pezzo migliore è senza dubbio “Ci diamo un bacio”, peraltro uscito anche come singolo in collaborazione con La Rappresentante di Lista (ma quanto è bello quando gli artisti che amiamo collaborano fra loro?)

Selezione: Giorni buoni, Cuoreintero, Ci diamo un bacio, Liberarci dal male

LA SCIMMIA – TI FARÒ DEL MALE

Ecco, La Scimmia sono un gruppo trevigiano di giovanissimi, suonano insieme da 4 anni e spaccano. Il loro essere palesemente anni novanta, nei riff e nei suoni, me li rende familiari al primo ascolto anche se abbiamo un’età diversa. Il curioso potere del revival.
Il loro secondo album “Ti farò del male” è un bel disco anche se non un capolavoro; le ingenuità ci sono tutte, soprattuto dal punto di vista dei testi, però ha un qualcosa di particolare che mi porta a segnalarvelo.

Selezione: Marnero, Ti farò del male, Parco comunale, Non so dove sono stato.

DAVID BYRNE – AMERICAN UTOPIA ON BROADWAY

IL disco del 2019 al di fuori dei confini italiani è il suo. Dopo aver pubblicato American Utopia il buon David se n’è andato in giro per il mondo con la sua meravigliosa band di musicisti-ballerini-attori che suonano in piedi insieme a lui. Alla fine il tour è andato talmente bene che David e la band sono stati invitati a Broadway come resident show e alla fine è successo quello che doveva succedere: a forza di suonare nello stesso posto – senza le tensioni dovute agli spostamenti e alla vita in tournée – la band è diventata così coesa e il repertorio così definito che bisognava per forza pubblicare un disco dal vivo.
In “American utopia on Broadway” le canzoni di American Utopia brillano di nuova luce e ai classici di Byrne e dei Talking Heads viene infusa nuova linfa. Ascoltandolo si capisce, si percepisce l’energia dei musicisti che si muovono tutti insieme mentre suonano, si avverte la tensione, non si riesce davvero a stare fermi. La scaletta è da urlo, brani come I Zimbra o Born under punches vengono macinati a una velocità spaventosa. La vera chicca però è sul finale con quella Hell you talmbout – vera canzone di protesta degli anni dieci – suonata e cantata a squarciagola da una band di musicisti uomini e donne, bianchi e neri, insieme.

Selezione: Here, Lazy, I Zimbra, Everybody is coming to my house, Hell you talmbout, The great curve

KING CRIMSON – THE RECONSTRUkCTION OF LIGHT

Quando uscì The ConstruKction of light, nel 2000, ci furono molti nasi storti e sopraccigli aggrottati. Il primo album di una formazione nuova, il primo in vent’anni senza Bruford e Levin, materiale ostico e nessuna ballata e soprattutto un suono e un mix claustrofobici, dark, duri.
In parte si trattò di un effetto voluto, in parte furono gli stessi Kc a rendersi conto di aver esagerato tant’è che negli anni successivi nelle compilation della band non venne mai inserito alcuno dei brani da The ConstruKction of light in versione originale, sostituendoli con esecuzioni live.
Dopo vent’anni si vedono anche gli effetti positivi di quelle scelte radicali: le percussioni puramente elettroniche di Tcol si mescolano agli altri strumenti creando un vero quartetto nel quale nessuno strumento emerge rispetto agli altri e lasciando la dinamica ai pattern di batteria più che ai piano-e-forte. Tcol rimane però un disco divisivo sia tra i fan che tra i musicisti della band, al punto tale che era nell’aria da anni l’idea di un remix con le parti di batteria ri-suonate con un set non più elettronico ma elettro-acustico.
Con l’occasione del box di chissàquantidischi “Heaven and earth” che copre il periodo 1997-2003 Fripp ha colto l’occasione per portare a termine il piano e così nel 2019 è stato pubblicato The ReconstruKction of light. Le tracce di “basso”, chitarra e voce sonno quelle originali dell’epoca, seppure remixate e riviste, mentre le parti di batteria sono state completamente ri-suonate d Pat Mastelotto. Il nuovo titolo e il nuovo artwork sottolineano il desiderio di non riscrivere il passato ma di creare una nuova entità, un nuovo album che comunica sensazioni parzialmente diverse. In effetti The ReconstruKction of light è un disco leggermente meno tebebroso del proprio avo, alleggerito da qualche intervento di soundscapes in più, reso più dinamico da alcuni interventi di Mastelotto ad esempio in FraKctured. Gli appassionati – pochi, tra i quali il sottoscritto – andranno ad alternarlo agli ascolti dell’album originale, mentre ai nuovi adepti crimsoniani mi sento senza dubbio di consigliare direttamente questa nuova versione.

Selezione: The ConstruKction of light, The world’s my oyster soup kitchen floor wax museum, Larks’ tongues in aspic part IV

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