Ho vagato a lungo tra i coralli

Se sotto tortura mi costringessero a salvare 5 brani di prog italiano, o anche solo 3, uno sarebbe questo.

Si dice che i delfini parlino è frutto della collaborazione del Banco del Mutuo Soccorso con Branduardi e vede quindi la tastiera e il pianoforte dei fratelli Nocenzi incastrarsi con il violino del buon Angelo. Ma c’è tutta una serie di trovate geniali sparse durante la canzone: la strofa con basso, piano e shaker, l’oboe (che poi saranno tastiere, immagino), il finale che ricorda a più riprese Il Funerale di Branduardi stesso.

E poi c’è il testo.

“Non fuggire l’onda

anche se ha l’odore dell’arpione
se colpirà, non fermerà il tuo salto

ti scaverà e scoprirai d’aver forza

e il desiderio d’immenso
di nuovo ti scuoterà

lascia che il sale ti lavi il cuore.”

A volte il prog ha prodotto canzoni che sembrano brodi allungati, misture di idee non buone a sufficienza di per sé e messe insieme per avere una dignità. Altre volte la libertà creativa di quegli anni ha permesso la nascita canzoni che sono un insieme infinito di idee geniali, alcune appena accennate e altre più sviluppate. Idee che, messe insieme, dicono qualcosa di eterno ma in modo nuovo. Ed è questo il caso.

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