March 31, 2018 at 01:38PM

“A quel tempo lavorava in un laboratorio farmaceutico come confettatrice. “Iniziamo da questo”, le ho detto, sistemandomi il portatile sulle gambe. “Sai cos’è una confettatrice?”, mi ha chiesto. “È l’operaia che dà il colore alle pastiglie. Le bagnavo tutto il giorno con acqua e zucchero e alla fine aggiungevo il colore”. Sapevo che mia madre, prima che nascessi, aveva lavorato nell’industria farmaceutica, ma non sapevo che fosse una confettatrice. Ho cercato il significato della parola sulla Treccani, c’è scritto: “Macchina con cui si esegue la confettatura”. Mia madre era una macchina.

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Ho guardato mia madre per un momento pensandola all’interno di quel flusso storico che sono stati gli anni Sessanta del Novecento. È difficile immaginare una madre nella Storia, collocarla in un tempo extradomestico, perlomeno una madre come la mia, una madre come tante, non una Simone de Beauvoir, ma una confettatrice.

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Volevo sentire ancora la voce di mia madre su una questione importante: ciò che è venuto dopo, ossia gli anni di piombo, il terrorismo, la violenza politica, la strategia della tensione, le bombe, la rivoluzione che aveva cambiato aggettivo, e che da culturale era diventata armata. “Nei primi tempi”, ha detto mia madre, “pensavamo che le Brigate Rosse fossero nel giusto, poi abbiamo capito come stavano le cose. La nostra gioventù è finita lì. Nel ’72 mi sono sposata e nel ’73 sei nato tu”. Aveva ventitré anni mia madre quando sono nato io. Mi ha fatto una certa impressione immaginare la mia nascita posta accanto al dilagare della lotta armata, entrambi i fenomeni (privato e pubblico) a suggellare la fine di un’età irripetibile.

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Dunque, quando il mondo era impegnato a sognare, mia madre lavorava tutto il giorno in una fabbrica. Quante occasioni offre la Storia di avere diciott’anni in un periodo così vivo, pulsante, creativo, luminoso? A quanti, tra tutti gli esseri umani che nei secoli hanno vissuto sulla Terra, è capitato questo? Quanti hanno avuto in sorte di essere giovani quand’era giovane il mondo? Mia madre è stata tra questi, ma mentre la osservavo seduta sull’orlo del divano di casa mia, con le ginocchia strette e le dita intrecciate, cinquant’anni esatti dopo il Sessantotto, ho capito che a lei non è stato concesso di avere sogni, e se li aveva (ma certo che li aveva) era stata educata a svilirli. La Storia spesso è un’astrazione che non coincide con la pratica quotidiana del vivere.” Link: Intervista a mia madre sul Sessantotto

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