Più vita!

C’è un sacco di musica che vende tantissimo e della quale non si parla, perché non c’è granché da dire. Per esempio se esce il nuovo disco della Pausini o di Elton John si sa che venderanno un sacco ma più o meno si sa anche cosa ci sarà dentro. Ciò non toglie che questi artisti siano potenzialmente dei geni nel proprio ambito, ovviamente.

C’è tutta una schiera di dischi che invece quando escono vendono un sacco e fanno pure parlare di sé. Ad esempio Beyoncé, Drake e Jay-Z. Non solo si parla dei personaggi ma proprio della musica.

Questo mi innervosisce.

Mi innervosisce perché sono geloso, perché alla musica nuova che ascolto io – per esempio lo splendido ultimo album di Laura Marling – non viene dedicato lo stesso spazio mediatico e la stessa profondità di analisi.

Ecco un pezzo dall’articolo “Perché “Passionfruit” è scientificamente la tua canzone preferita di Drake”

“Passionfruit” è in Si maggiore, ma quell’accordo (la “tonica” o accordo base) non è mai presente. Al contrario, la progressione di accordi della producer Nana Rogues ci danza attorno, creando una sensazione di sospensione che non molla mai. Questo movimento costante significa che non riusciamo a individuare l’umore basandoci soltanto sugli accordi, e questa ambiguità vuol dire molto. È calda, sensuale ed euforica senza sconfinare nella stucchevolezza, come dovrebbe essere ogni buona traccia pop-house. Gli accordi non sono nemmeno maggiori o minori ordinari. Hanno la settima, cosa comune nel soul (vedi “What’s Going On” di Marvin Gaye), cosa che rende la canzone meno piatta, o felice o triste, rispetto agli accordi maggiori e minori naturali. Per la precisione, la progressione di accordi di “Passionfruit” inizia e finisce con un Mi maggiore settima (quarta in chiave di Si). Accordi di questo tipo hanno un feeling ultra-rilassato e sono responsabili di quell’atmosfera estiva, da cocktail a bordo piscina di cui tutti parlano descrivendo “Passionfruit”. Questa non è una mossa speciale; in primis, la musica dance usa spesso questi accordi jazz per il senso di freschezza, e in secondo luogo l’uso della quarta è tanto comune nel pop da essere uno stereotipo.”

Capito? È quel tipo di analisi che sono abituato a leggere nei forum degli invasati che parlano dei Gentle Giant. E sì, lo ammetto, mi urta vedere che c’è lo stesso tipo di attenzione e approfondimento che viene invece dedicato a quelle che alle mie orecchie continuano a sembrare delle canzoni da quattro soldi. Il nostro tempo è prezioso, è “la misura dell’importanza che diamo alle cose” diceva qualcuno, e pensare che qualcuno abbia investito del tempo a fare quest’analisi di Passionfruit anziché Soothing della Marling mi urta. So che è razzista e pure arrogante, però mi urta.

Perché le ho ascoltate Marvins room e Passionfruit, e a malapena le distinguo. Vocoder a manetta, ritmiche noiose, le classiche canzoni che quando le sento passare in autoradio scatto alla stazione successiva perché dopo 10 secondi non hanno ancora detto niente.

Sarebbe facile chiudere tutto con “non capite un cazzo di musica” ma non riesco a farlo. Perché di questa musica che tutti chiamano r’n’b, rap, trap e soul ce n’è tanta, e c’è tanta gente che l’apprezza dal profondo dell’anima. E mi sembra un linguaggio troppo semplice per non essere a me comprensibile ma allo stesso tempo troppo lontano da me perché io lo possa comprendere. E continuo ad ascoltare Passionfruit con sofferenza, così come ho ascoltato diverse volte in passato Rihanna o Jay-Z, e ogni volta mi chiedo se mi si aprirà mai una porta dispiegandomi un universo nuovo, ed ogni volta finisco l’ascolto con un filo di malditesta e sempre più convinto che sì, questo pseudo-rap con l’autotune è la merda musicale del ventunesimo secolo.

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