The next generation

In questi giorni di isolamento ho guardato la prima – bellissima – stagione di Star Trek: Picard.
Finiti i dieci episodi mi sono chiesto “perché non continuare?” e ho cominciato a guardare TNG dal primo episodio, “Incontro a Farpoint”.

Curiosamente non avevo mai ripreso seriamente in mano una serie di Star Trek dall’inizio. Nonostante sia il mio franchise di fantascienza preferito la maggior parte degli episodi che ho visto risalgono a fine anni novanta, quando TNG veniva trasmesso da Italia 1 nel pomeriggio e ai primi anni duemila quando DS9 e VOY andavani su Raidue a orari mattutini impossibili.

Penso non sia un caso che mi sia venuta molta voglia di guardare Star Trek in questi giorni. È un mondo a me familiare, per i personaggi nutro un vero affetto, inoltre mi riporta a livello di sensazioni a un periodo della vita in cui le preoccupazioni erano poche. È un bozzolo emotivo, senza contare che (soprattutto in TNG) il messaggio sotteso a ciascun episodio è “cara umanità, ce la possiamo fare”.

Star Trek mi dà speranza, più delle risate che mi farei davanti a una qualsiasi comedy, anche la migliore. Mi aiuta a evadere, a viaggiare ora che non si può viaggiare, a incontrare persone ora che non si possono incontrare persone. E se domani saremo diversi, saremo ciò che non siamo oggi, sento che Star Trek è un buon modo per sognare come potremo essere.

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