Villagers

Expectation is a prison“, ebbe a dire Robert Fripp. E aveva ragione, come spesso avviene.

Con i Villagers, indie-folk band irlandese, è successa un po’ la stessa cosa: un primo album che ha stupito molti ed incantato i critici ed un secondo disco atteso in modo spasmodico dai medesimi critici incantati e dal pubblico che fu stupito. Il risultato era ovvio: il pubblico ritiene l’album buono anche se non all’altezza del primo, molti critici addirittura lo accusano di stanchezza e formule ripetitive.

Io ho seguito, per caso, il percorso opposto. Ho ascoltato prima {Awayland} e poi Becoming a Jackal, ed il primo (cioè il secondo) mi sembra ben superiore al secondo (che poi è il primo). Una netta evoluzione dei suoni, un percorso di distanza dai cliché più consunti delle band indie alla ricerca di qualcosa di un po’ diverso. Niente di rivoluzionario, siamo sempre dalle parti degli MGMT e forse di qualcosa degli Arcade Fire, ma è un disco variegato eppure a fuoco, denso eppure leggero.

Se è vero che il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista allora sono curioso di sentire cosa faranno poi.

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