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Oggi si apre in Canada la stagione della caccia alle foche.

Questa pratica, benche’ regolata da dei trattati al fine di rendere "accettabile" l’uccisione di questi animali, viene ancora svolta con metodi che mi sembra eufemistico definire brutali.

Si puo’ fare qualcosa?

Certo, come sempre! Ad esempio, sul sito della LAV (qui) possiamo avere maggiori informazioni. Non solo, ma possiamo addirittura firmare on-line la petizione per chiedere al governo italiano di sospendere l’importazione di pelli e derivati di foca,  qui.

Non sono mai stato un animalista fervente e sono un carnivoro convinto, ma certe cose fanno davvero ribrezzo.
Per favore, firmate tutti!

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 Ultimamente studio spesso (?) camminando per strada.
Sembra che giovi alla mia psiche deteriorata =P

C’e’ una signora che incontro abbastanza spesso, mentre cammino o corro. Di solito e’al portone che parla con qualche amica.
Oggi sono passato davanti casa sua, lei stava arrivando dal retro della casa. Mi ha visto e mi ha salutato con un sorrisone.

E’ vero, un sorriso inaspettato puo’ illuminare una giornata… o almeno parte di essa =)

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 L‘obbligo scolastico e’ stato innalzato a 18 anni.
Non vorrei fare l’allarmista/contestatoreAtuttiIcosti/maiContento, ma non mi sembra esattamente un’idea geniale.

Quando l’obbligo e’ stato innalzato a 16 anni ne sono stato felice: tutti dovrebbero poter provare una scuola superiore, capire se e’ una strada che puo’ fare al caso loro. Se, a 16 anni, qualcuno decide di mollare, ha gli strumenti per farlo. Se ha necessita’ di andare a lavorare, forse un giorno potra’ riprendere la’ dove ha lasciato.
Cio’ non toglie che, da quando e’ stato alzato l’obbligo, alcune scuole siano state "invase" da orde di studenti che hanno scelto quella scuola solo "perche’ sembrava la piu’ facile". E’ il caso di alcuni istituti alberghieri, ad esempio, che da queste parti hanno avuto un boom di iscrizioni dovuto, purtroppo, anche al fatto che molti ragazzi senza molta voglia di studiare vedevano in questi istituti qualcosa di fattibile, per un paio di anni.
Penso sia inutile riferire quali possano essere stati gli effetti, a livello di rendimento e di disciplina. Almeno, pero’, finora si trattava di una situazione relegata a livello di biennio.

Ora che l’obbligo e’ stato innalzato a 18 anni, pero’, secondo me si presenteranno alcuni problemi un po’ piu’ seri.
Ci si dimentica facilmente di come ci siano molti ragazzi (e ragazze) che per un motivo o per l’altro non hanno modo, putrtoppo, di terminare gli studi. Ci sono ragazzi di 16, 17 anni che devono portare sulle proprie spalle il peso della propria famiglia, a causa di separazioni, incidenti, malattie. E’ triste ma e’ cosi’.
Ci sono ragazzi che desiderano fare i carrozzieri e potrebbero andare a farlo alla fine della terza media (mio cugino, ad esempio, ha fatto cosi’), ma i loro genitori dovranno pagare per mantenerli agli studi fino ai 18 anni o al conseguimento di un diploma.
Come si puo’ pretendere che questi ragazzi vadano a scuola con entusiasmo, si impegnino, riescano bene e magari conservino pure un buon ricordo di quei 5 anni?

Parlo di scuola pubblica, ovviamente…

La soluzione ci sarebbe, ovvero: scuola fino ai 18 anni, ma gratuita (o per lo meno pesantemente sovvenzionata dallo stato, almeno per quanti ne hanno davvero bisogno). In Unione Sovietica un tempo ci si laureava tutti, perche’ l’istruzione era gratuita in ogni grado. Per dirne una, Natasha Stefanenko e’ laureata in ingegneria metallurgica (non faccio l’esempio con lei perche’ sembri una tipa stupida, anzi! Volevo solo citare un personaggio noto a tutti).

Che dite, si tratta di un’utopia?
Ma no, forse basterebbe ripenalizzare il falso in bilancio per finanziare un bel po’ di libri di testo e buoni mensa…

così tanta vita

Lunedì sera io, WhiteFang e Lullu siamo andati alla presentazione dell’ultimo libro di Fernanda Pivano e Guido Harari, "The beat goes on". La sala era abbastanza grande, ma c’era una luce soffusa, molto calda. Nanda è piccolissima e vecchissima, il suo viso è coperto di rughe che, a differenza di quanto accade di solito, la rendono ancora più familiare, più dolce. E poi sorrideva, continuamente, e mentre raccontava le sue storie, le sue avventure, la sua vita, aveva gli occhi che guardavano lontano, quasi come se rivivesse quei momenti, per noi tanti fantastici.  Ha decisamente avuto una vita meravigliosa, ha vissuto così intensamente che è impossibile, dopo averla tanto ascoltata, non provare un po’ di invidia e un po’ di senso di inferiorità (ma io riuscirò mai a fare anche solo un quarto di quello che ha fatto lei?!) Mi ha colpito la lucidità con cui raccontava, con cui si è imfervorata parlando di Primo Levi e del suo tragico destino, la commozzione che le velava gli occhi quando parlava di Fabrizio De Andre’ e di Hemingway, l’entusiasmo con cui raccontava delle feste, delle manifestazioni, dei discorsi, della vita totalmente sregolata di tutte le persone che frequentava:"erano sempre ubriachi marci…erano così carini!" E lei è così carina, così forte, così vitale nei suoi vent’anni portati male. Quando siamo andati a farci autografare il libro, ci ha guardati e ci ha chiesto a bassa voce "vi ho annoiato? Avevo così tanta paura di annoiarvi..."

Com’è possibile annoiarsi? Com’è possibile non restare affascinati davanti a così tante emozioni, storie, vite?!

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 Il Cairo, 15 MAR (Velino) – Zuhir al-Yahiyawi, il piu’ noto blogger tunisino nonche’ attivista per i diritti umani, e’ deceduto ieri all’eta’ di 36 anni. Il ricovero d’urgenza in ospedale non e’ servito a nulla: una crisi cardiaca lo ha stroncato. Certamente il potere tunisino ha tratto un sospiro di sollievo per la scomparsa di questo "nemico" irriducibile al quale ha cercato con tutti i mezzi di imporre il silenzio. Compreso il carcere. Yahiyawi aveva appena finito di scontare due anni di carcere inflittigli per il fatto di aver diffuso delle critiche al regime del presidente Zin al-Abbedin sul proprio sito, TuneZine.com. Non era un agitatore politico, ma un pioniere dei blogger in un paese chiuso e autoritario. Pubblicava notizie di ogni tipo sulla vita quotidiana in Tunisia. Ma questo agli occhi di un regime paranoico, come quello tunisino, costituiva un reato grave sufficiente per perseguitarlo. Nel giugno del 2002 dopo un processo sommario fu condannato a tre anni di carcere duro. Subi’ pure pestaggi e maltrattamenti durante la detenzione. Per protesta intraprese uno sciopero della fame a oltranza e fu sul punto di morire. Il suo caso aveva provocato la mobilitazione di numerose organizzazioni per i diritti umani internazionali. In primo luogo, Amnesty international e Reporter sans frontie’res. La sua fu un’odissea incredibile in un mondo dove i blogger si contano ormai a migliaia. Ma non a Tunisi dove il potere cerca di controllare tutto e tutti. Secondo le organizzazioni dei diritti umani tunisini, non e’ l’unico: decine di tunisini che hanno fatto ricorso a Internet per diffondere le proprie opinioni languono ancora in carcere. A seguito delle pressioni internazionali l’uomo forte di Tunisi, il presidente Zin al-Abbedin ben-Ali, l’anno scorso dovette cedere alle richieste e scarcerare Yahiyawi prima della decorrenza dei termini. Ma per il dissidente i guai non erano comunque finiti. Suo zio, Muktar Yahiyawi, giudice integerrimo, fu licenziato per aver criticato il regime. Sua nipote selvaggiamente picchiata da sconosciuti per strada. Eppure la Tunisia, come tanti altri paesi arabi, e’ uno degli Stati che hanno sottoscritto dichiarazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e per la liberta’ di espressione.(…)

Fonte: LiberoPensiero

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"Credo che la cosa più importante per un musicista sia quella di trasmettere a chi lo ascolta un’immagine di tutte le cose meravigliose che sente e avverte nell’universo; Questo è ciò che la musica significa per me, semplicemente una possibilità, tra le molte altre, di dire che viviamo in un mondo immenso e meraviglioso, un mondo che ci è stato donato…"

John Coltrane, 1962.

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 Ore 21:00, teatro Salieri.

Quasi senza cenare, eccomi davanti al teatro. Aspetto per un po’ mio zio, poi mi convinco del fatto che tutto sommato e’ meglio entrare e tenere due posti per lui e per suo cugino.

Non ho mai sentito una donna suonare jazz, e nemmeno ho mai visto jazzisti giapponesi. Stasera invece sono qui per una pianista jazz nipponica, quindi come minimo vorrei vederla bene.
Salgo le scale e trovo tre posti vicini; li "riservo" gettandoci sopra giacca e zaino e attendo.
Dopo un po’ i parenti arrivano, praticamente seguiti dai musicisti. Si tratta di Stefano Senni e Zeno De Rossi, noti jazzisti italiani, e Yayoi Ikawa, la sconosciuta (per me, fino a ieri) pianista di cui parlavo piu’ su.

La saletta approntata per il concerto e’ ideale per questo tipo di musica. Terra’ si’ e no 50 posti a sedre ed e’ ricoperta, alle pareti, di velluto rosso e pannelli fonoassorbenti neri. Il soffitto affrescato tradisce lo stile "liberty" del teatro e da un tocco di classicita’ al tutto. Data la dimensione ridotta della sala i musicisti suonano a mezzo metro dalla prima fila di sedie, il che e’ un indubbio vantaggio. Ai concerti jazz, secondo me, e’ richiesto un minimo di "contatto con il pubblico": non si puo’ stare a 100 metri di distanza e vedere i musicisti alti come formiche, altrimenti ovviamente la noia prendera’ il sopravvento. Bisogna essere "dentro" il concerto, sentire la tensione dell’improvvisazione, seguire gli sguardi tra i musicisti, seguirne le dita, vedere come si muovono per tenere il tempo o come entrano quasi in trance durante un assolo.

Immagine di Yayoi Ikawa Dopo una breve presentazione il concerto inizia. Lei non parla una parola di italiano ma si spiega ugualmente molto bene in un inglese scolastico. Capiamo che tutti i brani, tranne uno, sono sue composizioni. Per lo piu’ si tratta di pezzi che hanno un loro significato: uno e’ dedicato al marito trombettista, un altro e’ "la rappresentazione di un viaggio verso un posto in cui non si e’ mai stati", un altro ancora e’ dedicato al Giappone…

 Subito rimango colpito dalla coesione fra i musicisti: tutti e tre iniziano i pezzi suonando con lo spartito, in quanto ovviamente non hanno avuto sufficiente tempo per provare i brani. Poi, pero’, come e’ tradizione in questo tipo di musica, si lasciano andare in lunghe improvvisazioni, spesso tiratissime. Lei ha uno stile molto particolare ed e’ sicuramente bravissima tecnicamente. A volte accarezza il piano come se dovesse farlo addormentare, ma pochi secondi si alza in piedi e preme i tasti come se volesse non farli tornare piu’ su. La mano destra e la sinistra a volte sembrano davvero comandate da due persone diverse: procedono senza ascoltarsi, una tenendo la melodia con degli accordi e l’altra lasciandosi andare in assoli apparentemente "staccati" dal tempo della composizione… che guduria!

Anche il batterista e’ un vero signore. In camicia gessata e pantaloni con la riga, suona una batteria minuscola con un timpano di 40 cm di diametro e un solo tom. Sul "ride" ha attaccato una catenella di quelle che si usano per i tappi dei lavandini, in modo che quando percuote il piatto il suono si prolunghi in un modo molto particolare.
Tutti i brani hanno dei tempi molto strani da seguire, a volte il battere e il levare cambiano ad ogni battuta. Lui pero’ riesce sempre a starci dietro e contemporaneamente ascolta quello che fanno gli altri due. Davvero in gamba! E poi a me piacciono un sacco i batteristi con uno stile "a cascata", quelli che quando il brano prende il volo sembra che facciano rotolare le bacchette sulla batteria. Un po’ alla "Dave Weckl", oppure come il batterista di Dave Brubeck nella celeberrima "Take five" (sono i primi esempi che mi vengono in mente).

Piu’ il concerto va avanti e piu’ mi rendo conto di una cosa: Yayoi (che ieri ha compiuto 28 anni) non e’ solo una bravissima esecutrice, ma soprattutto una straordinaria compositrice. I pezzi scritti da lei sono molto complessi ma mai pesanti, non sanno di "gia’ sentito" e lasciano largo spazio all’improvvisazione. Mi dispiace un po’ che non abbia portato dei CD da vendere, quasi quasi ne avrei comprato uno volentieri…

Il concerto finisce dopo un’oretta e mezza ed una decina di brani, purtroppo senza bis (cosa facilmente comprensibile, visto che probabilmente hanno eseguito tutti i pezzi che avevano provato). Esco dal teatro con un po’ di sonnolenza (vista la temperatura tropicale della sala nella quale si e’ svolto il concerto) ma decisamente soddisfatto.

A questo punto, per concludere in bellezza la serata, manca solo una bella birrozza+bruschetta dal Re delle basse, Eolo. Ma questa e’ un’altra storia...

momenti veramente belli

Ci sono cose che fanno davvero bene al cuore ….una chiaccherata davanti ad una tazza di té con una persona che stai scoprendo con meraviglia giorno per giorno, dei compagni di università che ti trattano come se ti conoscessero da anni, quanto tu sai a malapena i loro nomi, una bella giornata di sole, scusarsi e trovare comprensione (amore?!) dall’altra parte, vedere gente che si diverte a lavorare e non ha paura di perdere tempo, potersi sciogliere in un abbraccio, spedire un biglietto d’auguri ad un amico lontano che forse non se lo aspetta, sentirsi parte di una squadra, poter leggere a chiare lettere l’Amore in due occhi blu,vedere dei bimbi minuscoli che fanno un’asta di disegni, fare il gioco del mimo,realizzare che i proprio sforzi stanno finalmente prendendo forma, muoversi avvolti dalla fragranza d’arancio

e, come sempre, posso soltanto dire GRAZIE.

Una settimana fa, più o meno, suor Cristina ha detto che spesso la gente considera i cristiani fortunati perché nei momenti di maggiore sconforto hanno qualcuno a cui rivolgersi. Lei, però, ribatteva che forse è ancora più importante nei momenti veramente belli: è terribile essere felici e non avere nessuno a cui dire grazie. Già.

tasso agevolato

    Siete convinti che la vostra banca pratichi delle commissioni da capestro?
Leggete questa notizia e cambierete sicuramente idea:

(ANSA) – WASHINGTON, 14 MAR – La Halliburton e’ di nuovo accusata dal Pentagono di aver venduto, a prezzi da capogiro, carburante all’Iraq nel 2003 e nel 2004. Fra le nuove accuse che sono state rivolte dai controllori del Dipartimento c’e’ quella di avere fatturato 27,5 milioni di dollari per trasportare in Iraq gas propano per un valore di soli 82.000 dollari. La Halliburton, colosso petrolifero, e’ stata diretta tra il 1995 e il 2000 dal vicepresidente degli Stati Uniti, Dick Cheney.

A sinistra: mappa astrologica di Dick Cheney. A destra: shoccanti rivelazioni su questo strano personaggio