news from Varvareuca

Varvareuca è il paesino moldavo dove Sisila ed io abbiamo trascorso due settimane indimenticabili la scorsa estate. Si tratta di un villaggio di poche migliaia di abitanti, situato sui colli della regione di Soroca. Un paese come ce ne sono tanti in Moldavia: pozzi, strade di terra battuta, campi e prati.
E’ lì che, in questo momento, sono presenti due italiani. Una coppia di bolognesi che ha deciso di trascorrere dei mesi in questo borgo sperduto, aiutando i bambini del posto ad avere qualche possibilità di stare insieme nei freddi pomeriggi invernali. Magari anche dando loro una mano nello studio.

Come però forse saprete in questo periodo in Moldavia la situazione è un po’ incandescente. Ci sono state le elezioni, hanno vinto per l’ennesima volta i Comunisti ma – a differenze delle altre volte – una parte dell’opinione pubblica ha reagito piuttosto male a questa vittoria. Si è perciò iniziato a gridare ai brogli, alle truffe e si sono venute a formare, nella capitale Chisinau, delle manifestazioni più o meno esplicite di dissenso. Tutto ciò è culminato (in piena copertura mediatica del terremoto abruzzese, quindi nell’indifferenza dei media italiani) la settimana scorsa in un assalto al palazzo del parlamento, che si è concluso con un violento scontro tra manifestanti e polizia.

In una tale situazione è un lusso, nonché una grande fortuna, disporre di "inviati sul luogo", e per fortuna Carlo e Claudia (i due ragazzi a Varvareuca) hanno avuto un’idea geniale: si sono procurati una connessione ad internet ed hanno iniziato a tenere un blog (http://mentifermenti.lacantinadellanonna.net/argomenti/racconti-dalla-moldova/). Ecco quindi il loro resoconto di quanto sta succedendo in Moldova, con un occhio di riguardo alle cause che hanno scatenato tante proteste e alle problematiche più importanti di un paese sconosciuto ai più, ma di cui sentiremo sempre più spesso parlare.

Moldova: tensioni e speranze nell’Est

Ciao!

Ho visto che anche alcuni mezzi d’informazione italiana negli ultimi giorni, pur giustamente concentrati sul terremoto in Abruzzo, hanno accennato alle manifestazioni che si stanno svolgendo a Chişinău. Queste sono nate in seguito alle elezioni di domenica 5 aprile. I risultati delle stesse hanno portato ad un largo successo del Partito Comunista che ha sfiorato il 50% dei voti (nelle ultime votazioni era intorno al 46%) ed e’ arrivato ad un passo dall’ottenere la maggioranza qualificata in Parlamento, che gli avrebbe consentito di eleggere da solo il prossimo Presidente dello Stato (si e’ fermato a 60 seggi, mentre ne servivano 61).

A chi chiede della situazione a Vărvăreuca, rispondo che qui e’ tutto tranquill(issim)o, quindi di non preoccuparsi per noi. Anzi, voglio rassicurare tutti quelli che pensano di venire in estate: non temete, la situazione per gli Italiani, al momento, non desta alcuna preoccupazione.

Diventa decisamente piu’ complesso rispondere a chi domanda delucidazioni sulle cause di queste manifestazioni anche violente.

Provero’, di conseguenza, a presentare alcune informazioni.

1. Da alcuni anni, nella maggioranza delle ex Repubbliche Sovietiche, si verificano manifestazioni ed incidenti in seguito alle elezioni (Georgia, Ucraina, Kirghizistan, Azerbaigian, Bielorussia, Armenia) e, in alcuni casi, tali proteste hanno portato al rovesciamento degli schieramenti usciti vincitori (Georgia, Ucraina, Kirghizistan).

2. Uno dei problemi di questi Paesi e’ di avere al proprio interno una popolazione spaccata tra chi vuole mantenere rapporti stretti con la Russia (la nostalgia dell’Unione Sovietica rimane forte) e chi punta ad alleanze con l’Occidente.

3. E’ piuttosto diffusa l’idea che questi movimenti di rivolta abbiano una “guida” esterna al Paese dove si verificano. In certi casi si pensa a degli Stati specifici (gli Usa prima di tutto) oppure ad altre organizzazioni con interessi sul posto. Vero o meno, e’ indubbio che tali moti si sono svolti con alcune modalita’ comuni ed il loro procedere e’ apparso in molti casi ”scientifico” (in particolare, ricordo la rivolta “delle rose” in Georgia, quella “arancione” in Ucraina, “dei tulipani” in Kirghizistan).

4. Al di la’ della volonta’ del popolo (il concetto di “democrazia pluralista” da queste parti e’ piuttosto nuovo), tutti questi Paesi ricoprono una grande importanza da un punto di vista geopolitico e, in alcuni casi, anche delle risorse (per esempio, il petrolio in Azerbaigian o l’uranio e la sua trasformazione in Kirghizistan), quindi sono forti gli interessi della Russia, degli Usa ed anche dell’Unione Europea (quest’ultima in maggio ufficializzera’ il “Partenariato per l’Est” con alcuni Paesi dell’ex U.R.S.S.) .

5. Chi e’ al potere, normalmente, ha un grande controllo sui mezzi d’informazione e sulle risorse del Paese. Il nepotismo e la corruzione vengono generalmente definiti dalla popolazione come elementi peculiari dei governanti.

6. Oltre a quanto detto sopra, la Moldova vive al proprio interno delle tensioni specifiche:

6a. la Moldova ha una popolazione per la maggioranza di origine affine a quella romena, ma la presenza russofona e’ tuttora molto forte;

6b. questo fa si’ che tuttora molti sentano un forte legame con la Romania (c’e’ chi pensa addirittura alla riunificazione con essa ed infatti durante l’attacco al Parlamento ed al Palazzo Presidenziale a Chişinău e’ stata issata la bandiera romena), oppure mirino ad entrare nell”Unione Europea; altri invece, come gia’ detto, guardano ancora a Mosca come punto di riferimento;

6c. i rapporti con la Romania sono rimasti sempre stretti (alcune centinaia di migliaia di Moldavi hanno anche il passaporto romeno), ma, con l’entrata nella U.E. di quest’ultima, essi hanno subito un netto deterioramento su vari fronti ed hanno portato notevoli difficolta’ ad una parte della popolazione moldava abituata a muoversi senza particolari problemi tra i due Paesi (lavoratori ma soprattutto studenti che, in grande numero, preferivano le universita’ romene alle proprie e per i quali, improvvisamente, e’ diventato complesso lo spostarsi da uno Stato all’altro);

6d. al confine con l’Ucraina vi e’ la regione della Transnistria, a maggioranza russofona,che si e’ autodichiarata indipendente: non e’ riconosciuta da alcuno Stato, ma e’ chiaramente appoggiata dalla Russia (non so se qualcuno ricorda la guerra in Georgia dell’estate 2008: li’ vi e’ una situazione simile con le Repubbliche autoproclamatesi indipendenti dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia);

6e. l’indigenza diffusa fa si’ che il Paese sia il piu’ povero d’Europa ed ha portato ad una emigrazione massiccia come poche altre: e’ difficile avere cifre precise (in particolare a causa dell’emigrazione clandestina) ed infatti i dati sono quanto mai vari, anche se sembrano credibili quelli che parlano di circa un quarto della popolazione oltre confine.

7. Le elezioni, come detto all’inizio, hanno visto la netta vittoria del Partito Comunista (si presenta come neutrale, ma tendenzialmente filo russo), mentre solo tre dei partiti d’opposizione (tutti filo occidentali) sono riusciti a superare lo sbarramento del 6% e quindi hanno ottenuto dei seggi in Parlamento.

8. Non entrando nel merito della correttezza o meno del voto, per il quale e’ previsto il riconteggio delle schede, riporto solo due spunti di riflessione sul risultato:

8a. da una parte, a causa della fortissima emigrazione dei giovani, ha acquistato un peso notevole il voto degli anziani i quali tendenzialmente votano per il Partito Comunista, che, con sapienza, con furbizia e/o sfruttando la “nostalgia”, e’ riuscito ad attirarli a se’ maggiormente degli altri partiti;

8b. sull’altro fronte, dei numerosissimi emigrati che potevano votare nei Paesi dove risiedono, solo in pochissimi si sono avvalsi di questo diritto (non e’ chiaro fino a che punto per disinteresse, per scarsa informazione o per problemi burocratici): a fronte di diverse centinaia di migliaia di persone all’estero, i votanti non sono arrivati a 15 mila (le preferenze per il Partito Comunista, in questo caso, sono state meno di mille).

9. Le manifestazioni di protesta si sono svolte quasi tutti i giorni successivi alle elezioni, ma la giornata piu’ cruenta e’ stata martedi’ 7 quando alcune migliaia di manifestanti (giovani e giovanissimi) si sono scontrate con le forze dell’ordine (quel giorno “curiosamente” anch’esse composte da giovani militari) ed hanno “assaltato” il Parlamento ed il Palazzo Presidenziale. La dinamica degli avvenimenti cambia completamente a seconda di quale sia la fonte, fatto sta che entrambe le strutture sono state fortemente danneggiate e, all’interno, sono divampati degli incendi.

10. E’ difficile credere che la manifestazione sia nata spontaneamente dai giovani, ma da piu’ parti si ritiene che siano stati utilizzati come carne da macello dai due schieramenti, intenzionati a mostrare la propria forza l’uno con l’altro.

11. Proprio i giovani hanno pagato il prezzo piu’ amaro, sia perche’ a centinaia, su entrambi i fronti, sono rimasti feriti negli scontri, sia perche’, ancora a centinaia, sono stati arrestati e condannati (sembrano certe le voci che parlano di processi sommari e di violenze subite, tanto che un giovane, ufficialmente morto per intossicazione dai gas lacrimogeni, pare aver perso la vita a causa delle percosse).

12. A livello politico, Voronin, del Partito Comunista ed attuale Presidente della Repubblica, ha gridato al tentativo di colpo di stato condotto dalla Romania: ha espulso l’ambasciatore ed un altro diplomatico di questo Paese ed ha instituito il visto d’ingresso per i Romeni. I partiti d’opposizione sostengono che e’ stata tutta una montatura del Partito Comunista per screditare le forze avverse e per trovare pretesto di scontro con la Romania. Quest’ultima nega di avere qualsiasi coinvolgimento con le manifestazioni. La Russia sostiene il partito alleato ed invita gli altri a rispettare l’esito del voto, nonche’ pretende di avere un ruolo centrale nella risoluzione della controversia. L’Unione Europea chiede all’opposizione di non manifestare in maniera violenta ed al governo di rispettare i diritti della controparte e soprattutto delle persone arrestate. 

Detto tutto questo (so di essere stato lungo, ma in realta’ ho saltato diversi passaggi), resto a disposizione, soprattutto delle persone che intendono venire in Moldova per i campi estivi, per fornire altre notizie sugli aspetti storici, sociali, economici, religiosi, etc.

Un saluto

Carlo

Revolution 2009

Io, in vita mia, non ho mai comprato un computer.

Mi spiego meglio: non ho mai comprato un PC con i miei soldi e, soprattutto, non ho mai comprato un PC tutto intero. Per anni, un bel po’ di anni, i miei PC sono stati regalati dallo zio, smessi da un’azienda o da qualche amico. Qualche upgrade hardware, per lo più RAM e dischi fissi, ma niente di più.

Da un po’ di tempo però non ce la facevo proprio più con il mio vetusto 700Mhz, ma dall’altra parte sentivo anche l’esigenza di prendermi un portatile. Magari uno di quei Netbook tanto carini che stanno in un palmo di mano. Come risolvere la questione? Un upgrade al PC desktop di casa, con il problema però della portabilità a zero, o un portatile mini che non mi avrebbe permesso un uso intensivo come il PC di casa?

My laptopLa soluzione ovviamente sta nel mezzo, anzi di lato. E’ così che, svuotando il mio libretto di risparmio, mi sono comprato un bel Packard Bell, portatile, da 15,4”. L’ho acquistato oggi alle 18.00 e ovviamente ho già installato Ubuntu, ed è da lì che sto scrivendo! =P

Che dire, la soddisfazione c’è. Scegliere il PC, vedere se i soldi ci sono, comprarlo, portarlo a casa ed installarci sopra, senza il minimo problema, il proprio Sistema Operativo preferito. Se non sono soddisfazioni queste…

Adesso manca sono una bella rete wireless. Ma una cosa per volta, direi 😉

Promise less or do more

Nei giorni scorsi cercavo un libro, che sapevo di avere in camera da qualche parte, con i testi e le traduzioni dei primi album dei Pearl Jam. Non trovandolo – ed approfittando della mia condizione di inoccupato che mi permette di avere molto tempo libero a disposizione – decisi così di mettere in ordine la scrivania in modo da farlo saltar fuori.
Divenne presto evidente però che il problema della scrivania non stava nel disordine degli oggetti su di essa riposti, ma nell’impossibilità per tali oggetti di essere infilati in qualche altro pertugio nella stanza. In parole povere: lo spazio era poco, la roba tanta, e molti oggetti non potevano stare da nessun altra parte se non sulla scrivania! Ma il lavoro ormai era iniziato: che fare? Rimettere tutto a posto, con amarezza, o continuare l’opera di riordino, sapendo di dover mettere pericolosamente mano anche alle mensole, alla libreria, ai cassetti e alle scatole sotto al letto?

Ovviamente la prima possibilità era inaccettabile, ed è così che ho passato gli ultimi due giorni in camera, sepolto in mezzo agli oggetti ed alla polvere (da me stesso accumulata, ovviamente), cercando di mettere a posto ciò che un posto l’aveva e di buttare via ciò che invece non ce l’aveva.
La ricerca, come è facile immaginare, ha dato dei frutti inaspettati: oggetti che credevo perduti, altri di cui ignoravo l’esistenza, altri che chissà perchè avevo tenuto. Alla fine, complice la fine degli studi e l’inutilità improvvisa di montagne di appunti, il cumulo delle cose da buttare via era ancora più impressionante del solito, e la stanza stranamente spoglia. Sono arrivato addirittura al compromesso, un tempo impensabile, di inscatolare la mia più che discreta collezione di Martin Mystère. Un misero sacrificio piuttosto di cedere al compromesso della doppia fila per i libri!

Certo, passare due giorni sepolto nella propria stanza ha dei vantaggi rispetto ad altri lavori: per esempio si può approfittare del tempo che si passa all’opera per esplorare la propria collezione musicale. Ed è così che ho scoperto, praticamente per caso, la combinazione musicale perfetta per lavori di questo tipo, siano essi traslochi, pulizie di primavera, riordini dei garage o delle stanze, repulisti generale post-cena con amici. Niente di trascendentale, si tratta soltanto di mettere su, rigorosamente in shuffle, un paio di album di Emiliana Torrini con i due dischi finora pubblicati dei The whitest boy alive.
Chi sono costoro? Semplice. La prima, Emiliana, a dispetto del nome è un folletto islandese la cui voce somiglia molto, nel timbro, a Bjork. La sua musica però, pur non semplicissima, è un pop sinuoso che poco ha a che fare con le sperimentazioni della celebre conterranea. I secondi invece, dei quali ho più diffusamente parlato nella stanza a fianco, non sono altro che una specie di mash-up dei Kings of convenience con l’eletronica fine-anni-70, la disco ed il Funky, e nell’organico vantano un membro dei Kings of convenience stessi.
Musica nordica, quindi (i KoC sono Norvegesi), e forse per questo adatta al rigore con cui va affrontato un lavoro come le pulizie, o i traslochi. Sta di fatto che per due giorni non ho ascoltato altro, senza annoiarmi o appesantire il mio lavoro – anzi – dandogli il ritmo e la cadenza degni della miglior Mary Poppins.
Se non ci credete, provate! Poi mi saprete dire! =)

P.S. Ah, ovviamente alla fine il libro dei Pearl Jam non era in camera, ma era nascosto in salotto. Classico caso di ironia della sorte.

De Faccialibrum

In Italia Facebook va di gran moda. Ha avuto una crescita di contatti, negli ultimi mesi, del nonsoquantecentinaia-per-cento e probabilmente il trend non si è ancora concluso.

Chiaramente il tempo a disposizione nelle giornate degli italiani non è aumentato, e quindi il traffico su Facebook è andato a discapito delle altre forme di utilizzo del web, specialmente del cosiddetto "web 2.0". Per farla breve, da quando il Faccialibro ha iniziato a diffondersi in modo capillare molti blog e soprattutto molti newsgroup hanno visto diminuire giorno dopo giorno il numero di post pubblicati. In certi casi si è assistito addirittura alla proposta della chiusura di alcuni newsgroup proprio perché la stragrande maggioranza degli utenti dell’NG ormai è iscritta, su Facebook, ad un gruppo sullo stesso argomento e nel quale posta più spesso. O almeno pensa che posterà più spesso.

La notizia di per se’ non è né buona ne’ cattiva, ma da modo di riflettere su alcuni punti. Innanzitutto su cosa siano – e a cosa servano – Facebook, i newsgroup, i blog.

Un newsgroup in fondo è una bacheca pubblica, dove qualsiasi utente può scrivere la propria opinione in merito ad un argomento e beccarsi la conseguente mole di insulti perché è un incompetente. Su Facebook lo stesso fenomeno si presenta, con le stesse dinamiche, ma con una piccola differenza: Facebook è un sito privato, occorre iscriversi per postarvi ed, iscrivendosi, si sottoscrive un contratto che nessuno di noi iscritti a Facebook, o quasi, si è preso la briga di leggere e soprattutto di capire. I newsgroup invece sono pubblici. Non ho mai capito bene dove diavolo risiedano e come funzionino, fatto sta che è possibile accedervi da qualunque motore di ricerca che abbia una funzione apposita e, per postarvi, non è necessario autenticarsi presso un fornitore di servizi specifico.

I blog, invece, sono tutta un’altra cosa: un diario online che una persona tiene, e questo è il mio personalissimo parere, perché il proprio ego lo spinge a divulgare il suo pensiero a quante più persone possibili. Parte della goduria dell’avere un blog sta nello spulciare i propri vecchi post e riguardare quanto eravamo innocenti-fighi-stupidi-ignoranti-saggi-sfigati-profondi. Inolte il blog è roba "nostra". Non ho mai letto la licenza di Splinder, e non so quale diritti possa accampare sui miei post e sul loro contenuto, ma so che con un semplice plugin di wordpress posso copiare in pochi minuti l’intero contenuto di questo blog in un file XML e farne l’upload in un altro sistema, magari in un dominio comprato per l’occasione. Su Facebook tutti i contenuti postati sono sottoposti alla licenza sottoscritta dall’utente ma inoltre non c’è alcun modo pratico per accedere ad informazioni che un utente ha immesso in passato. Semplicemente perché Facebook non serve a questo: Il Faccialibro è l’equivalente della piazza, un posto dove conosci persone nuove e incontri i vecchi amici, ti metti d’accordo con loro e chiaccheri. Chi vorrebbe leggere gli stati o i link pubblicati dai propri amici anche solo un mese fa?

La domanda è: la comodità (supposta, perché chiunque utilizzi un newsreader sa quanto sia più comodo) di Facebook supplisce alla perdita di tutte queste caratteristiche?

La risposta è evidentemente sì, visto che sempre più persone passano dai newsgroup e dai blog al solo proprio account sul Faccialibro. Il motivo di tutto questo secondo me è principalmente uno: su Facebook ci sono i nostri amici.

Spesso mi capita di scrivere un post qui su SoleLuna e poi, se ritengo che parli di qualcosa di interessante per gli altri, condividerlo con gli amici su Facebook. In fondo i miei amici sono le prime persone alle quali vorrei far sapere una cosa che trovo interessante, o una mia riflessione su un argomento. E’ normale quindi che segnali a loro la notizia che ho trovato, o il pensiero geniale che ritengo di aver avuto.
A questo punto, dopo due-tre post segnalati su Facebook, uno si chiede: "ma perché anziché andare su Splinder e postare non inserisco una bella ‘nota’ in Facebook e così tutti i miei amici la vedranno automaticamente?"
La domanda è legittima, e sempre più persone non trovando alcuna risposta mollano il proprio blog e si spostano sul faccialibro.
Lo stesso fenomeno, con poche varianti, si applica ai newsgroup: perché dovrei chiedere su IAMRP qual è il miglior disco dei Van Der Graaf quando posso chiederlo direttamente a Napra, o a sua maestà Il Faraone, che sono miei amici su Facebook?

Dal punto di vista dell’utente che aveva un blog, o che postava sui newsgroup, il ragionamento non fa una grinza, ci sono molti vantaggi e pochi svantaggi. Dal punto di vista dell’ "ecosistema web" però le ripercussioni ci sono.
Un newsgroup è una bacheca dalla quale nessuno toglie mai i foglietti, così come un blog è un diario che tutti possono leggere. Quando cerco la recensione di un disco cerco prima su DeBaser, poi su Google Groups ed infine nei blog. Non me ne può importare di meno dell’opinione del critico prezzolato di Repubblica, io voglio il parere dei fan hardcore e ipercritici! Idem per i film, o addirittura se cerco dei pareri riguardo ad un’azienda alla quale ho inviato il mio curriculum. Se però comincio a chiedere le recensioni dei dischi soltanto a Napra o al Faraone, direttamente sul loro profilo su FB, e recensisco i dischi che mi piacciono su LivingSocial, chi cercherà un’opinione su quel disco troverà la mia? Di sicuro non il consiglio che mi ha dato un amico scrivendo sulla mia bacheca. Al massimo troverà la mia recensione su LivingSocial, ma solo se anche lui si è iscritto alla medesima applicazione. Ovviamente questo si può ampliare a qualsiasi altro ambito, dalla politica agli spettacoli.

Se non avessi mai cercato un newsgroup sul rock non avrei mai conosciuto gli amici che ora mi consigliano su FB, così come se nessuno avesse scritto di ciò che li irrita della politica italiana sul proprio blog, ma lo avesse inserito come nota su FaceBook, io non l’avrei mai letto e avrei continuato a formare la mia coscienza politica su Repubblica.it, Comedonchisciotte (per dire!) e Ansa.

Non vorrei che, a lungo andare, lo spopolare di Facebook provocasse un buco nella diffusione delle opinioni e della conoscenza nel web, un travaso di un’immane quantità di informazioni da un ambito libero, pubblico e utile per gli altri ad un altro non solo privato, ma ristretto di fatto ai propri amici.

Per quanto mi riguarda continuerò a postare qui le mie riflessioni e le notizie che il mio ego vorrebbe far sapere al mondo, riservando per Facebook tutto ciò che direi ai miei amici se li avessi nella stanza insieme a me.

Aggiornamento: questo post, pubblicato da me su IAMRP, ha sollevato un tot di interventi, alcuni dei quali molto interessanti. Lo trovate qui.