"Non sono un esegeta del pensiero del presidente Napolitano, per cui non so interpretare quello che realmente intendeva dire ieri, quando ha parlato di pericolo xenofobia per il nostro Paese. Se voleva lanciare uno dei suoi moniti «di principio», non possiamo che dirci d’accordo: siamo tutti contro la xenofobia, così come siamo contro la violenza negli stadi, contro lo sfruttamento delle donne, contro l’abbandono dei cani in autostrada e per la bontà degli animi universale. Evviva. Dimenticavo: siamo anche contro la fame nel mondo. E siamo per un futuro pieno di soddisfazioni per tutti. Auguri.
Siccome quella frase, però, è stata subito letta come una denuncia precisa dell’Italia come Paese xenofobo, ci sentiamo di rispondere pacatamente agli interpreti entusiasti e sgangherati del Napolitano pensiero: ma dove caspita vivete? Guardatevi attorno, provate a uscire dai lanci d’agenzia che vi imprigionano ogni giorno, provate a visitare le periferie delle grandi città, dove prendere un autobus è diventato più pericoloso che attraversare la savana. L’Italia non è un Paese xenofobo: è un Paese spaventato. Non è un Paese razzista: è un Paese che ha paura. Gli italiani chiedono regole certe. E chiedono che siano rispettate. Non è una domanda razzista. È una domanda di civiltà.
Ma sì, dai, lo sapete anche voi, al di fuori della vostra nuvoletta di arroganza e della vostra polemichetta a scopo elettorale: non c’è xenofobia, nel nostro Paese. Lo sapete. O meglio: ci sono alcuni episodi, che vanno denunciati e condannati, così come si condanna chi getta i sassi dal cavalcavia o fa a coltellate all’autogrill con la scusa di essere ultras. I cretini si nascondono sotto qualsiasi bandiera. Ma restano cretini. E il loro cretinismo non può far dimenticare che questo Paese non è razzista. Non è xenofobo. È un Paese che sa accogliere. Che sa convivere. È un Paese generoso, di gente perbene, che non discrimina qualcuno in base al colore della pelle o alla sua città d’origine. Discrimina qualcuno solo in base a come si comporta. L’unico razzismo che c’è in Italia è quello contro la razza dei delinquenti."
Vorrei chiederlo io a Mario Giordano, ex direttore di Studio Aperto (e di Lucignolo) ed ora del Giornale, in quale paese vive.
Perché nel paese in cui vivo io i genitori dicono ai figli "porta a casa anca on nero, basta che non sia on teron!", e questa è xenofobia. Dicono "sono per l’integrazione, basta che ognuno se ne stia a casa sua", che non vuol dire un cazzo. Dicono "non uscire a correre per la strada, che non si sa mai chi si può fermare". E la paura non è del compaesano, è paura del diverso. E’ xenofobia.
E la xenofobia non è razzismo, è l’anticamera del razzismo. E’ la paura della diversità, la paura che porta al rifgetto e al rifiuto. Se è rifiuto dell’emancipazione femminile si trasforma in violenza, se è rifiuto dell’emancipazione dei figli si manifesta in altra violenza. Se è rifiuto del compromesso a cui occorre scendere per condividere la propria terra con chi è diverso si manifesta in razzismo.
L’articolo di Giordano, dotato di pluralia maestatis come tutti i veri editoriali di destra (da Feltri a Gervaso), è quasi offensivo nel suo qualunquismo. Si potrebbe riassumere in "Napolitano ha parlato di pericolo xenofobia? Non parlava certo di noi, non preoccupatevi. E a dire il vero secondo me sbagliava, perché non c’è xenofobia. C’è paura del diverso". Come se cambiasse qualcosa.
Se in Italia l’unico razzismo presente fosse quello contro la razza dei delinquenti Napolitano non avrebbe avuto alcun bisogno di dire quelle parole, e credo che un editoriale come questo possa essere irrispettoso ancor di più delle parole velenose di Di Pietro di qualche mese fa o delle bandiere bruciate in piazza. Ma anche di questo non si parlerà.
P.S. Poi il Giornale cosa sia il razzismo sembra non saperlo proprio…