stop

Arriva il 18 giugno e mi rendo conto di una cosa: ieri era capodanno, oggi siamo già al giro di boa. Metà anno è passato, è stata una metà densa e preziosa, ma veloce, veloce come un fulmine. Troppo veloce.

Mi ritornano in mente le parole degli “adulti” quando ero adolescente: “vedrai, dopo i vent’anni, come passerà veloce il tempo!.

Giunto a vent’anni, pensavo di averli gabbati dato che ogni giorno mi sembrava esattamente lento (o veloce) come gli altri. La verità è che a vent’anni non lavoravo, e loro sì. E questo – scopro ora – fa la differenza…

labora et…

Due mesi fa ho iniziato a lavorare. Non che non avessi mai lavorato prima, ma stavolta è un po’ diverso.

forse perché lavoro davvero 8 ore al giorno
forse perché lavoro 6 giorni su 7
forse perché è la prima estate che non posso gestirmi io
forse perché ho cambiato casa per la prima volta in 24 anni (già, questo credo influisca un bel po’)
forse perché subodoro che d’ora in poi sarà così, più o meno

Lavorare, così, ora, mi ha cambiato molto la prospettiva, il valore del tempo, delle cose, delle relazioni. È proprio vero quello che dicono: "quando inizi a lavorare cambi opinione su tutto!"
Non ho cambiato molte delle mie opinioni, ma sicuramente ho un sguardo diverso su tutto.
E anche se la sera sono stanca e la domenica un po’ più nervosa del solito, non voglio dimenticare che è grazie a questo lavoro che tutto il resto della mia vita sta prendendo questa meravigliosa piega.

Aspettando Godot

"Caro direttore,
non posso. Io, ricercatore (precario) di filosofia politica, che da anni frequenta l’Università italiana e che si riconosce nei valori di una sinistra moderna, non riesco proprio ad aderire acriticamente alle manifestazioni contro l’ancora inesistente decreto Gelmini. (…)  La Gelmini sbaglia se prevederà tagli indiscriminati, perché finirà con l’avvantaggiare i più ricchi e privilegiati, ma la sinistra dov’era in tutti questi anni in cui nelle università entravano rigorosamente i figli di e i raccomandati, da dove il vincitore del concorso veniva stabilito prima ancora di bandire il concorso e sulla base di accordi fra i vari ordinari, non su quella di un valore scientifico dello studioso e della sua produzione? (…)
Dalla destra ci si possono e forse devono aspettare misure pensate con il criterio della gerarchia sociale, ma dove sta scritto che dalla sinistra ci si debba aspettare il nulla e il silenzio? Perché tutti si sono svegliati solo ora che il governo sembra voler affrontare una situazione che non può più andare avanti in questo modo, fornendo inevitabilmente l’immagine di una sinistra sempre al rimorchio d’idee d’altri, prontissima ed efficace a contestarle ma tristemente incapace di proporne di proprie a tempo debito? (…)
se il sapere degrada presso la generalità degli studenti, a ottenere successo comunque nella società saranno quelli provenienti dalle famiglie agiate, così come a potersi permettere la carriera universitaria saranno soltanto quelli sempre con famiglia ricca alle spalle. Un paese in cui la «famiglia» diventa il fattore più importante di avanzamento dei saperi e delle carriere è inevitabilmente condannato al degrado e all’emarginazione internazionale. Ecco perché non ce la faccio a scendere in piazza con questi studenti (alcuni dei quali anche i miei), in maniera acritica e senza che un tormento interiore s’impossessi del mio animo, senza potergli dire le cose che sto scrivendo qui. Così come non ce la faccio a manifestare a fianco di quei tanti «incardinati» che hanno trovato posto nell’università grazie alle logiche grette e degradanti di cui abbiamo parlato, e che oggi vorrebbero solo che si potesse continuare a vivere come se le vacche fossero sempre grasse e le botti piene. (…)

Vorrei tanto dirgli che ha torto, ma mi sa proprio che ha ragione. Certo, la conferenza dei rettori e le varie associazioni studentesche hanno fatto delle valide controproposte, per fortuna, al Decreto Gelmini, ma resta il fatto che dall’opposizione si è sentito ben poco. Prima, durante e dopo.

Il testo completo (del quale spero di non aver alterato il senso, tagliuzzandolo) è su www.ariannaeditrice.it

La politica della paura

"Sai cosa c’è? Alla fine uno si rompe le balle di avere paura. Ho 22 anni e vivo ogni giorno a sotto ricatto. Paura di non farcela a riscattare tutti i crediti, del contratto da precario in scadenza, di non poter più pagare l’affitto e dover tornare dai miei, di non trovare un vero lavoro dopo la laurea, della crisi mondiale e dell’aumento delle bollette. Campo a testa china e tiro avanti sperando che domani sia migliore. Ma se mi dicono che domani non c’è più, l’hanno tagliato nella finanziaria, allora basta. Non mi spaventa più Berlusconi che dice di voler mandare la polizia. Non mi spaventa nulla, sono stufo. E finalmente, respiro"

(…)

Quando i telegiornali della sera hanno diffuso il diktat poliziesco di Berlusconi, i ragazzi più grandi hanno brindato con birre e applausi, fra gli sguardi perplessi e intimoriti delle matricole. Che c’è da festeggiare se il premier minaccia manganellate? "Il fatto è che gli stiamo mettendo paura, noi a loro. È la reazione scomposta di uno che si sente debole, che non si aspettava tutto questo, non ha una strategia e pensa di risolvere al solito modo, con la polizia, come si trattasse di rifiuti, camorra o periferie insicure".

(…)

"La mia vita attuale è questa. Studio come un pazzo per finire in fretta e bene, lavoro in un call center, dormo in una camera a 500 euro al mese. E sopporto pure che un Padoa- Schioppa o un Brunetta o una Gelmini mi diano del bamboccione o del fannullone. Ma non che taglino i fondi all’università per fare affari con l’Alitalia, aiutare la Fiat o le banche dei loro amici. La crisi io non la pago. Questa settimana di proteste è stata la più bella esperienza di questi anni. Si respira, si parla, si discute dei sogni, del futuro. Penso sia un mio diritto. Ai vostri tempi era magari diverso. I corsi universitari duravano mesi, avevi sempre gli stessi compagni, gli stessi professori. In ufficio o in fabbrica eri solidale con l’altro operaio o impiegato. Ora io seguo decine di corsi dove non incontro mai le stesse persone e poi lavoro in un call center dove il mio vicino di scrivania cambia sempre, a ogni turno, senza contare che abbiamo tutti le cuffie e non c’è neppure la pausa caffè. In questi giorni ho alzato la testa, mi sono guardato intorno, ho conosciuto studenti da tutta Italia, mi sento vivo".

(…)

"Negli Stati Uniti, il paese più malato di iper capitalismo, l’università pubblica rimane ancora fortissima. Uno studente di Fisica può scegliere di pagare quattromila dollari a Berkeley o quarantamila a Stanford, ma la qualità è la stessa, alla fine si spartiscono lo stesso numero di premi Nobel. Per non parlare dell’Europa. Qui invece fra pochi anni l’istruzione pubblica, di questo passo, sarà relegata alla marginalità, alla serie B, a quelli che non possono permettersi di meglio. Il tema è enorme, tocca l’essenza dei diritti di cittadinanza, ma temo che non passerà. Criminalizzeranno la protesta, faranno scoppiare qualche incidente, e i media andranno dietro l’onda, l’altra, quella del potere. Bisognerebbe bucare questo muro di conformismo, ma come?"

Il resto è qui.

Lettera al preside di facoltà (my two cents)

Gentile professor Giacobazzi,

immagino avrà la casella di posta intasata e ben poco tempo per leggere la posta che le arriverà in questi giorni. D’altra parte sento l’esigenza di scriverle, e in fondo non importa quando avrà tempo di leggere questa mail. Ad ogni modo, cercherò di essere telegrafico!

Desidero semplicemente ringraziarla, come studente e come cittadino, per il contributo che sta dando in questi giorni all’università di Verona e alla (ri?)nascita di una coscienza critica negli studenti. Il suo intervento stamani durante l’assemblea è stato assolutamente chiaro e puntuale, così come gli altri interventi di questi giorni sotto forma di comunicati ed e-mail alle varie mailing-list degli studenti.

Sono conscio del fatto che noi studenti, in questa diatriba, appariamo come dei fantasmi, privi di una precisa volontà e poveri di iniziative. La verità è che siamo tutti molto disorientati. La riforma in discussione è stata varata da un governo eletto dalla maggioranza degli italiani, compresa la maggioranza dei nostri genitori (soprattutto qui a Verona) e, perché no, dei nostri amici. Molti elettori, molti ministri e politici fanno parte di quella parte di italiani che da giovane ha "fatto il ’68". Questo non ce lo dimentichiamo, anzi ci confonde ancora di più le idee. E’ facile, per un sessantenne come il professore che è intervenuto stamattina, darci degli smidollati, ma non credo che la risposta giusta sarebbe scendere in piazza a rovesciare i cassonetti o gridare slogan da stadio. Non ha funzionato benissimo quarant’anni fa, e credo funzionerebbe ancora meno adesso, soprattutto in un ambiente come quello veronese (e veneto) dove si è abituati a ragionare per categorie e vedere tutto in bianco e nero.
Non è facile costruirsi un pensiero critico di questi tempi, non è facile avere le competenze per capire questioni come la crisi economica o la riforma universitaria e soprattutto non è facile trovare delle fonti di informazione di cui fidarsi. Telegiornali e giornali stanno perdendo credibilità ogni giorno, ed anche per questo ritengo che la presa di posizione netta da parte della maggioranza del personale docente della facoltà sia stato un segno molto evidente sul piano comunicativo.

Credo che l’assemblea di stamattina sia stata un grande momento di vita universitaria. Un momento di dialogo vero, anche se noi studenti abbiamo parlato poco. Abbiamo ascoltato molto, però, e voi professori sapete quanto sia importante. Siamo disposti ad ascoltarvi, a creare uno scambio di conoscenze. Da questo punto di vista siamo molto, molto più avanti del ’68. Mi auguro che nel consiglio di facoltà di mercoledì, qualsiasi decisione venga presa, si scelga di portare avanti in qualche forma questo dialogo che si è instaurato, e da noi studenti arrivino delle forme di protesta sensate ed efficaci tanto quanto quelle prese da voi professori.

La ringrazio ancora, e le auguro un buon lavoro

Io ci sarò

Tutto il personale della Facoltà di Scienze MM.FF.NN. (e non): docenti, studenti/esse, dottorande/i, personale tecnico-amministrativo, lavoratori in università, matricole e laureande/i ricercatrici/ori

SONO INVITATI

ad intervenire all’assemblea indetta per Lunedì 20 ottobre p.v. alle ore 10:00 presso l’Aula Magna "G. Tessari" (piano terra di Cà Vignal 2 della Facoltà di Scienze MM.FF.NN.),

per informarsi, confrontarsi e discutere sulla L. 133/2008 e precisamente sui seguenti
punti:

* trasformazione in fondazione delle università
* precarietà dei lavoratori dell’università
* tagli alla ricerca e mancanza di opportunità per i dottorati
* tasse universitarie
* diminuzione del numero e della qualità dei corsi

Pensiamo che il sistema dell’istruzione debba essere trasparente e libero da logiche di tipo economico che portano all’inaridimento delle coscienze, alla discriminazione delle conoscenze non asservibili alle  esigenze del mercato, all’appiattimento verso il pensiero unico, all’appiattimento culturale dilagante.

Proponiamo un momento di discussione, dibattito e confronto.

Protesta della facoltà di scienze di Verona

Cari tutti,
Questa mail per informarvi che oggi la Facoltà di Scienze Matematiche  Fisiche e Naturali, all’unanimità del numerosissimi presenti, ha deciso di sospendere le  attività didattiche per tutto il mese di ottobre, a meno di eventuali modificazioni  legislative che potranno intercorrere e riguardanti la legge 133/2008 (conversione del DL  112/2008).

Come potete immaginare, la motivazione della protesta, che si unisce  ad analoghe manifestazioni in altri atenei italiani, è legata ai tagli  ingiustificati che questa legge opera sul sistema universitario italiano. In particolare si è rilevato come insopportabile l’essere  destinatari di tagli indiscriminati, del tutto indipendenti da una seria ed approfondita valutazione della  qualità della nostra ricerca e della nostra didattica, ovvero dei nostri prodotti. Come professori  e ricercatori siamo abituati ad essere valutati e solo conseguentemente ad una seria valutazione  siamo disposti ad accettare di essere eventualmente premiati o penalizzati.  Siamo quindi disposti ad una attenta analisi su ciò che funziona e ciò che non funziona nella  università italiana, ma non siamo disposti ad essere penalizzati indipendentemente dalla qualità del nostro  operato!

Manifesteremo il nostro disaccordo sospendendo già da domani le  attività didattiche.

In pratica:

I colleghi docenti impegnati nella didattica del I periodo sono  invitati ad informare gli studenti in aula su come funzionano i sistemi universitari in Italia e nel mondo, e sul perchè  di questa protesta. Questo dovrebbe avvenire nella prima lezione utile, dopodiché le lezioni sono sospese. Le lezioni sospese saranno recuperate in modo da non arrecare alcun danno agli studenti. Durante il periodo  di sospensione didattica i docenti saranno disponibili come di consueto per incontrare gli studenti, per  le attività di tutorato e per accoglierli in Facoltà secondo i loro  bisogni.
I destinatari della protesta non sono gli studenti!

La Presidenza ed il coordinamento didattico provvederanno ad  individuare nel migliore dei modi le soluzioni per il recupero delle lezioni perse.

Un caro saluto
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Prof. Roberto Giacobazzi
Preside della Facolta’ di Scienze MM.FF.NN.
Universita’ degli Studi di Verona
Strada Le Grazie 15, 37134 VERONA – Italy
Ph: +39 045 8027926, Fax: +39 045 8027928
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…non sono mai stato così orgoglioso di essere iscritto all’università di Verona! Anzi, alla facoltà di Scienze, visto che nel resto della città pare che non importi a nessuno…