Alltrove…

Il 10 novembre si è votato nuovamente in Moldavia per eleggere il presidente della repubblica. Era l’ennesimo tentativo di porre fine a una situazione di stallo che dura da mesi, precisamente da aprile, a seguito di una legge elettorale da matti (sbarramenti e quorum altissimi) che l’Unione europea ha più volte esortato a modificare.
Moldova - mapAd aprile le elezioni politiche furono vintein modo molto contestatodai comunisti di Voronin, che conquistarono però un seggio in meno dei sessantuno necessari per eleggere il capo dello stato. Dopo due tentativi,celebrati tra aprile e giugno, di raggiungere i sessantuno voti in parlamento a favore di un candidato, si sono disputate nuovamente le elezioni politiche: la costituzione infatti prevede che dopo due scrutini a vuoto l’assemblea venga sciolta. Nuove elezioni, quindi, e maggioranza parlamentare che va agli avversari dei comunisti, il fronte filo-europeo guidato da Marian Lupu: anche stavolta però senza raggiungere i sessantuno seggi di cui sopra. Il primo scrutinio doveva tenersi il 23 ottobre ma è stato annullato perché la costituzione moldava – altro prodigio – non prevede la possibilità che ci sia un solo candidato alla carica. Trovato un secondo candidato, il voto ha avuto luogo il 10 novembre e i quarantotto parlamentari comunisti hanno abbandonato in blocco l’aula, impedendo ai cinquantatre democratici di raggiungere l’agognata quota sessantuno. Il secondo tentativo si terrà alla fine del mese: facesse cilecca anche quello, il parlamento sarebbe nuovamente sciolto e si andrebbe nuovamente alle elezioni politiche, ma bisognerebbe aspettare il 2010: la costituzione non permette di indire elezioni anticipate per due volte nello stesso anno. Un bel casino.

Fonte: Francesco Costa

Ma in fondo il compito dei rami non è quello di allontanarsi dalle radici?

Quando, quasi cinque anni fa, aprimmo questo blog, ci piacque la metafora del monolocale.
Il monolocale ci dava l’idea di un posticino piccolo ma accogliente, che potevamo facilmente personalizzare e rendere nostro, ma anche aprire ad altre persone che volessero passare a trovarci. Era un gioco, una similitudine che ho avuto in mente (e credo anche Sisila) ogni volta che ho scritto un post su SoleLuna. Più che un post, un post-it sul frigo del nostro monolocale.

Ora invece è ora di traslocare, di trasferirsi sul serio. Non per il blog, ma per noi. E non in un monolocale, come ci aspettavamo sessanta lune fa, bensì in un appartamento che divideremo con un terzo inquilino.

CasaSi tratta sicuramente di un momento cruciale delle nostre vite, una scelta che influenzerà pesantemente tutte quelle successive. Ci troveremo da un giorno all’altro catapultati in un mondo di bollette e assicurazioni, sveglie presto e poca voglia di far da mangiare. Ma sarà anche un mondo di sguardi giornalieri, di abbracci, di decisioni finalmente improvvise e nuove sfide. Dovremo imparare a guardare insieme nella stessa direzione, ad ascoltarci molto di più che al telefono, perché parleremo forse di meno, e ad amarci in modo nuovo.

Le sfide ci piacciono, e per questo siamo entusiasti di partire. Era un sogno che coltivavamo da tanto tempo. Dall’altra parte però – e qui parlo ovviamente per me stesso – è un vero salto nel buio, forse il primo vero salto nel buio della nostra vita di coppia. Un salto pensato, meditato e analizzato meticolosamente, ma resta un salto. Dove arriveremo non lo sappiamo, possiamo solo affidarci e sperare che sia un posto solido dove mettere i piedi.

C’è crisi

"…Il nome ufficiale della guerra è "piombo fuso", due parole tratte da una canzone per bambini riguardo a un gioco della festa di Hanukkah.

Ma sarebbe più corretto chiamarla "Guerra Elettorale".

Anche in passato alcune operazioni militari furono compiute nel corso di campagne elettorali. Menachem Begin bombardò il reattore nucleare iracheno durante la campagna elettorale del 1981. Quando Shimon Peres sostenne che si trattava di un espediente elettorale, Begin gridò al suo successivo raduno: "Ebrei, credete che io manderei i nostri coraggiosi ragazzi a morire, o – peggio – a essere fatti prigionieri da animali umani, allo scopo di vincere delle elezioni?". Begin vinse.

Peres non è Begin. Quando, durante la campagna elettorale del 1996, ordinò l’invasione del Libano (l’operazione "Grappoli di Collera"), tutti erano convinti che lo avesse fatto per scopi elettorali. La guerra fu un fallimento, Peres perse le elezioni e Benjamin Netanyahu giunse al potere.

Ehud Barak e Tzipi Livni stanno ora ricorrendo allo stesso vecchio trucco. Secondo i sondaggi, Barak avrebbe guadagnato cinque seggi alla Knesset in appena 48 ore. Circa 80 morti palestinesi per ogni seggio. Ma è difficile camminare su un cumulo di cadaveri. Il successo potrebbe svanire in un minuto, se l’opinione pubblica israeliana iniziasse a considerae la guerra come un fallimento. Ad esempio, se i razzi continueranno a colpire Beersheva, o se l’attacco di terra determinerà pesanti perdite da parte israeliana.

Il momento per colpire è stato scelto meticolosamente anche da un’altra angolazione. É iniziato due giorni dopo Natale, quando i leader americani ed europei sono in vacanza fino a dopo capodanno. Il calcolo: anche se qualcuno volesse cercare di fermare la guerra, nessuno rinuncerebbe alle sue vacanze. Ciò ha garantito diversi giorni liberi da pressioni esterne…"

da un articolo di Uri Avnery pubblicato su PeaceReporter

"…Ieri militanti talebani hanno distrutto un centro medico nella provincia meridionale di Kandahar. "Sono entrati la scorsa notte nel centro medico del distretto di Arghandab e l’hanno fatto saltare in aria dopo aver chiesto a tutto il personale di uscire", ha dichiarato Abdul Qayum Pakhla, direttore del dipartimento sanitario della provincia di Kandahar, spiegando che il centro era utilizzato da 20mila famiglie."

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"È salito a 13 morti e 40 casi di contagio il bilancio dell’epidemia di febbre emorragica Ebola in corso nella provincia del Kasai occidentale, nel centro della Repubblica democratica del Congo…"

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“Non sono in grado di dire se gli israeliani stanno usando armi al fosforo bianco o all’uranio impoverito, ma stanno sicuramente ‘sperimentando’ sulla popolazione di Gaza nuovi ordigni chiamati Dime (Dense inerte metal explosive); si tratta di esplosivi di grande e controllata potenza che causano amputazioni e danni letali per chiunque venga colpito nel raggio di 10 metri”: raggiunto dalla MISNA a Gaza nell’ospedale di Shifa, il principale della città, il professor Mads Gilbert, medico norvegese e membro della organizzazione umanitaria Norwac, parla di persone che vengono portate a pezzi in ospedale, letteralmente tagliate in parti, e di conseguenze di lunga durata sui sopravvissuti…

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“Vuole le statistiche, i dati? Glieli do subito: 540 morti, 2550 feriti; 171 bambini uccisi, 744 bambini feriti; un terzo dei morti sono donne o bambini; metà dei feriti sono donne o bambini”
(…)
“Sa perché le dico quanti bambini e quante donne? (…) le dico questo perché lei mi avrebbe chiesto quanti sono di Hamas e quanti non lo sono. Donne e bambini sicuramente non lo sono, ma le dirò che anche le altre vittime sono quasi esclusivamente civili”

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Buon anno a tutti.

La più grande vergogna italiana del XX secolo

C‘è un gran parlare, in questi giorni, attorno al nuovo film di Spike Lee, "Miracolo a Sant’Anna".
Si parla di revisionismo, di resistenza, di nazismo, e se ne parla con il solito tono di polemica italiana, tanto per far capire, come ha detto giustamente Spike Lee stesso, che "le ferite della guerra civile in Italia sono ancora aperte". Se ne parla in lungo e in largo, ma forse a molti è sfuggito il nocciolo della questione.

Girotondo%20bambini%20piazza%20chiesa%20rid%20400%20a%20tagliato.jpgNel 1944, in Italia, una divisione tedesca composta per lo più da soldati poco più che maggiorenni (nel migliore dei casi) e ufficiali provenienti direttamente dai Lager si macchio di numerosi, orribili eccidi nella zona centrale della penisola. Alcune di queste stragi, come quella di Marzabotto, sono state giustamente ricordate negli anni. Altre, come quella di Sant’Anna di Stazzema, sono state invece dimenticate.
Non entrerò nei dettagli di come si svolse questa orribile vicenda, per quello ci sono le apposite voci della Wikipedia, o i siti dedicati all’argomento. Basti sapere che i tedeschi occuparono il paese trovandovi solo donne, vecchi e bambini, dato che gli uomini erano fuggiti per paura della deportazione. Anziché risparmiare i civili, però, diedero inizio ad un deliberato ed organizzato eccidio di massa, fucilando nel giro di tre ore più di 500 persone. Furono uccise famiglie intere sotto gli occhi dei bambini, e i bambini sotto gli occhi degli amici. I superstiti, per la maggior parte bambini che erano riusciti a nascondersi, spesso ancora oggi non riescono a trattenere le lacrime raccontando l’episodio. I cadaveri vennero ammassati e bruciati, insieme alla maggior parte degli edifici del paese.
Pochi mesi dopo la strage ci fu l’occupazione americana, e venne aperto un fascicolo sul caso, anzi due. Tali fascicoli, corredati di testimonianze, nomi e cognomi dei responsabili e prove a carico delle vittime, vennero compilati con solerzia da un gruppo di funzionari italiani. Poi, però, misteriosamente scomparvero, insieme a molti altri, verso la fine degli anni ’40.

Il processo per la strage di Sant’Anna, così come quelli per moltissimi altri crimini di guerra del periodo, non ebbe nemmeno inizio, e tutto finì nell’oblio del dopoguerra, sotto una coltre di voglia di dimenticare.

Strage di Sant'AnnaIl silenzio venne rotto solo nel 1994, quando accadde una serie di vicende degna dei migliori film di spionaggio. Un giornalista riuscì ad intervistare, in Argentina, il gerarca nazista Erik Priebke, portandolo a confessare (senza nemmeno sforzarsi molto) la propria responsabilità per la strage delle Fosse Ardeatine. Fu proprio cercando alcuni incartamenti necessari per l’estradizione di Priebke che il procuratore militare Antonino Intelisano rinvenne, nei sotterranei della procura militare di Roma, un armadio rinchiuso  sotto chiave in uno sgabuzzino sprangato, appoggiato con le ante rivolte verso il muro. Questo armadio, noto ora come "l’armadio della vergogna", una volta aperto si rivelò ricolmo di tutti i fascicoli sugli eccidi degli anni ’40. Si parla di oltre 700 fascicoli, per più di duemila crimini. In più di 400 di essi era già riportato nome e cognome dei responsabili.

Intervistato sull’accaduto, il giornalista che ha seguito l’intera vicenda per l’espresso ha descritto questo insabbiamento come "la più grande vergogna italiana del XX secolo". Tristemente mi trovo d’accordo con lui.

Come mai una simile mole di documenti è stata nascosta nel ventre della procura militare per 50 anni? La risposta, a quanto pare, si trova nelle decisioni politiche che stavano alla base dei rapporti fra le potenze nei primi anni ’50. Dopo la fine della guerra divenne presto chiaro che la Germania dell’Ovest si sarebbe tramutata in fretta, da nemico, a prezioso alleato. Viceversa l’alleato sovietico divenne il nemico numero uno del blocco occidentale. Quale decisione più pericolosa allora, per uno stato della NATO (l’Italia) di chiedere l’estradizione di decine e decine di inquisiti residenti proprio nel paese chiave del blocco (la Germania dell’Ovest)? Non solo: a quanto pare nemmeno i generali italiani di stanza all’estero si sarebbero rivelati dei maestri di virtù durante gli anni della guerra (chi l’avrebbe mai detto?) e quindi il silenzio sulle stragi naziste si tramutò anche in un prezzo da pagare per avere l’omertà su fatti atroci avvenuti per esempio in Croazia, in Albania e in Somalia.

Una volta emerso di nuovo il fascicolo sulla strage di Sant’Anna, però, non venne istituito alcun processo. Bisognava attendere il 2004 prima che una giornalista tedesca intervistasse, in esclusiva, un’ex soldato nazista che aveva partecipato alla strage. Venutolo a sapere il sindaco di Sant’Anna di Stazzema riuscì finalmente a far istruire un processo, nel quale vennero condannati però soltanto gli ufficiali della divisione di stanza nella zona. Ovviamente, essendo gli imputati ultraottantenni, nessuno di loro fece mai un giorno di prigione. Ma direi che, a questo punto, sarebbe stato indifferente. Soprattutto per tutti i superstiti, i parenti, gli amici morti nel frattempo, tra il 1944 e il 2007, morti senza sapere se un giorno sarebbe mai stata fatta giustizia.

P.S. La foto in alto ritrae alcuni dei bambini del paese, e venne scattata alcuni giorni prima della strage.