Ready Player One

Ho visto ieri sera in anteprima Ready player one. Il film è una discreta palla – e sembra durare otto ore anziché due – però in quelle otto ore ti concede tempo di riflettere dato che sullo schermo succede di tutto ma non succede in realtà niente. Hai tempo di riflettere su come ormai la cultura pop sia diventata il centro delle nostre vite, vite in cui i nerd dominano un mondo nel quale non è necessario avere una trama o dei personaggi convincenti per creare un film, è sufficiente mettere insieme tonnellate di citazioni e strizzate d’occhio allo spettatore. Il poster di 2112 sulla parete e un Gundam – che potrebbero essere ottimi accessori di una buona storia – diventano LA storia e Spielberg si piega a fare da cantore degli anni ottanta ormai mitizzati, resi splendenti e decantati come un’era di Wargames filmici e non reali.

Spesso i consumatori di musica si sentono rassicurati quando comprano il CD (o il microsolco) e possono dire “senti questi che bravi” e non “senti che musica nuova”, perché interpretare della musica nuova richiede una fatica che non hanno intenzione di fare. Allo stesso modo lo spettatore di Ready Player One può godere delle scene di Kubrick perfettamente ricreate, della par condicio di citazioni da Star Trek e Star Wars e soprattutto delle altre infinite citazioni molto più esoteriche infilate in modo che ciascuno degli spettatori in sala possa coglierne una e pensare “eh, questa l’ho capita solo io”. In tutto questo la fantascienza è totamente sacrificata e nel film non c’è un solo riferimento a un oggetto, un concetto, un gadget che non sia già esistente oggi e possibilmente già retrò. Si cita Twitch, si guidano Smart o furgoni della polizia anni ’30, il tutto con la scusa che in un futuro post-apocalittico steampunk non c’è stato di fatto alcun progresso. Una scelta che unita alla fotografia Goonies-style porterà probabilmente questo film a invecchiare a passo di marcia e a sembrare esso stesso antico nel giro di pochi anni. Altro effetto sicuramente cercato e voluto.

Ready Player One è un film che prima o poi qualcuno doveva fare, nel senso che è quasi un meta-film sugli anni ottanta, un product placement dell’intera nostra generazione 1975-1988, una ruffianata pacchiana che non sa se rivolgersi ai bambini o agli adulti mai cresciuti, un videoclip di due ore senza respiro che si potrebbe riassumere in mezzo paragrafo, un livello di un videogioco che sembra di avere già giocato e quindi annoia. E’ un film che andava fatto per toccare il punto più estremo (al momento) di un mondo totalmente estetizzato come il nostro ma soprattutto è un film del quale sono protagonista perché faccio parte di quella generazione, ho giocato a quei videogiochi, ho ascoltato quelle band. E forse proprio per questo è un film che mi ammorba.

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