Donna Circo, ieri e oggi

È facile pensare che negli anni del boom discografico, diciamo dai settanta ai novanta del secolo scorso, si vendesse così tanta musica da permettere a chiunque di stampare un 33 giri; del resto le bancarelle dei mercatini sono piene di album orribili, venduti a 50 centesimi al pezzo, che pure all’epoca devono essere stati scritti, incisi, stampati e distribuiti.

La realtà è più complessa: anche in quegli anni non era facile trovare un contratto di distribuzione discografica e, anche quando lo si fosse trovato, non era affatto scontato che il contratto venisse onorato. L’esempio più plateale di questo rischio è probabilmente il destino di Donna Circo, l’unico album solista di Gianfranca Montedoro pubblicato nel 1974 e mai distribuito.

Montedoro all’epoca era una cantante affermata sia in ambito jazz che rock ed era stata per esempio l’autrice principale e la cantante del progetto Living Music, che aveva messo in musica i testi di Allen Ginsberg. Nel 1964 aveva conosciuto la scrittrice e poeta Paola Pallottino e le due erano rimaste in contatto fino a quando, nel 1973, Pallottino propose a Montedoro una serie di testi per canzoni che aveva scritto per lei. Non si trattava però di canzoni qualsiasi, formavano un concept album che attraverso la metafora del circo e dei suoi personaggi raccontava la figura femminile e l’essere donna nell’anno del referendum sul divorzio, quando in Italia esisteva ancora il delitto d’onore e l’aborto era una pratica illegale e clandestina.

Montedoro si mise al lavoro a partire dai testi, in poco tempo scrisse i dodici brani di Donna Circo e firmò un contratto con BASF, l’industria chimica che all’epoca produceva anche audiocassette e nastri e voleva espandersi nel settore della produzione discografica. Così Gianfranca Montedoro si trovò a registrare le sue canzoni su disco, in presa diretta (per scelta), in uno studio fuori Roma. Racconta a Giulia Cavaliere di Rolling Stone Italia: «Sì. abbiamo registrato sull’Appia, pensa, nella sala di registrazione di Bobby Solo! Io ai musicisti cantavo le melodie, erano tutti bravi eh, erano i componenti dei Murple, band progressive che aveva firmato proprio con la BASF. Un giorno in studio venne mio marito, si mise accanto a me e notai che se fino a quel momento avevano seguito le mie indicazioni con grande precisione, in quel momento hanno cominciato a rivolgersi solo a lui, a guardare lui e non più me, così ho dovuto domandargli di allontanarsi, di uscire dalla sala»

L’album venne inciso e stampato ma proprio quando le copie degli LP erano pronte per essere distribuite BASF decise di ritirarsi dal mercato discografico europeo e la distribuzione dei pochi album già pronti venne fermata sul nascere. Tra questi, proprio Donna Circo.

Fu così che un disco potenzialmente importante per la musica italiana semplicemente sparì. Gianfranca Montedoro provò a proporre i nastri ad altre case discografiche ma essere una autrice e cantante donna con in mano un disco apertamente femminista non era certo un buon biglietto da visita e venne respinta. Propose l’ascolto dell’album anche a dei collettivi femministi ma fu accolta in maniera fredda, forse a causa dei testi ricchi di metafore e allusioni, meno diretti di quelli dei canti di protesta che andavano per la maggiore.

La delusione delle autrici fu enorme. Per anni Gianfranca Montedoro smise di frequentare il mondo della musica mentre Paola Pallottino si dedicò all’illustrazione e all’insegnamento.

Passarono gli anni e Donna Circo diventò un piccolo cult nelle fila degli impallinati di musica italiani, i quali si scambiavano cassette registrate da una delle rare copie in LP che circolavano per la penisola. Con l’avvento del file sharing spuntarono delle registrazioni nei circuiti del peer-to-peer ma poi, con l’avvento dello streaming, la mancanza di una ristampa in CD fece sì che non vi fosse traccia del disco su Spotify o Deezer.

Ci sarebbero voluti quasi quarantacinque anni dalla prima pubblicazione dell’album perché avvenisse l’incontro fortunato: la sera di Natale del 2018 Paola Pallottino incontra Susanna La Polla De Giovanni (in arte Suz), giovane cantautrice, e le racconta la storia del disco. Glielo fa ascoltare e Suz rimane folgorata. Parte così una cordata di artiste e musiciste che punta a far ristampare il disco originale e a inciderne una nuova versione, rinnovandolo negli arrangiamenti senza toccare una parola dei testi.

Il progetto coinvolge rapidamente un gruppo di musiciste italiane: Francesca Pizzo al basso, Valeria Sturba al violino, theremin e synth, Sara Ardizzoni (Dagger Moth) alla chitarra e Vittoria Burattini dei Massimo Volume alla batteria. Con loro dodici voci: Alice Albertazzi, Enza Amato, Angela Baraldi, Francesca Bono, Eva Geatti, Susanna La Polla De Giovanni, Nicoletta Magalotti, Marianna Pellino, Francesca Pizzo, Marcella Riccardi, Marzia Stano, Valeria Sturba. I soldi per ri-registrare il disco però non ci sono, così viene deciso di aprire il più classico dei crowdfunding su produzionidalbasso, l’idea funziona e vengono raccolti i fondi per la ristampa dell’album originale e la registrazione della nuova versione, pubblicata il 31 luglio del 2021.

Racconta Angela Baraldi nell’intervista a Patrizio Ruviglioni per l’Espresso «“Donna Circo” ci insegna che nel dibattito cambia la forma, non il contenuto. Il femminismo serve ancora, eccome. Quando io ho iniziato a cantare, nel 1990, sentivo diffidenza intorno; ora ho vissuto parte del cambiamento sulla mia pelle, qualcosa si sta sbloccando. Ma la strada è lunga»

In effetti le canzoni di Donna Circo sono ancora urgentissime, merito della visione poetica di Pallottino ma anche del poco spazio che è stato dato alla questione femminile nel dibattito pubblico italiano. È impossibile ascoltare Trenta coltelli senza pensare a quanti femminicidi siano stati commessi dal giorno in cui è stata scritta fino a oggi. La metafora del lanciatore di coltelli è efficacissima nel dipingere la vita di molte donne inchiodate dagli uomini attraverso la violenza e la paura.

L’amore è sempre un pericolo mortale
Ma tu sai fare solo questo gioco
E lo sai fare ormai senza tremare
Senza sapere se lo vuoi cambiare
Trenta coltelli, precisi come spari
A disegnare il tuo corpo sul legno
Tu sembri il quadro di un martire cristiano
Nel silenzio il tamburo batte piano

Il tema dell’aborto clandestino viene affrontato nello stesso modo, contemporaneamente simbolico e diretto, in A cuore aperto: “Evviva il mago che porta a termine / Il suo perfetto, vecchio lavoro / Grande emozione stasera c’è stata / Abbiamo visto la donna tagliata”. La spersonalizzazione della donna e la spettacolarizzazione della sofferenza non sono certo temi alieni all’Italia del 2023, come non lo erano nel 1974. C’è anche spazio per brani apparentemente più leggeri, come la bellissima presa in giro del patriarcato di Che pazzi i pagliacci, in cui i pagliacci sono ovviamente gli uomini che si vestono di volta in volta da tecnici, consulenti, esperti, perfino presidenti.

Gli arrangiamenti dei brani originali a volte sono un po’ stucchevoli e avevano bisogno di una rispolverata ma vi consiglio di andarli a recuperare per godere della bellissima interpretazione di Gianfranca Montedoro. La nuova versione è invece più eclettica e vicina al nostro gusto contemporaneo, anche all’ottima produzione di Ezra Capogna e ai potenti mezzi della Tempesta Dischi. Per confrontarle facilmente ho creato per voi una playlist con entrambi i dischi, pronta da mandare in shuffle.

«Se ripenso che all’epoca non potevo affidarmi a delle musiciste semplicemente perché non ce n’erano», dichiara Montedoro a l’Espresso, «mi sembra assurdo. Ora che tutti possono ascoltare quest’album, credo si chiuda un cerchio. Mi sento meglio. E vorrei che le donne continuassero a unirsi come me e Paola nel 1974. Anche per dimostrare ai maschi che è ora di “darsi una calmata”»

Siamo fortunati a poter ascoltare questo disco perduto e ritrovato: non sapremo mai cosa sarebbe stata la storia della musica italiana se fosse stato distribuito meglio a suo tempo ma possiamo essere noi a cambiare un pochino la storia della musica italiana, oggi, ascoltandolo e facendolo conoscere.

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