Sono le 4:57 del mattino e sto lavorando. Mi faccio un caffè e penso.
Penso al nostro lavoro, di noi programmatori. Tendenzialmente quello che facciamo è scrivere, leggere (molto) e scrivere (poco) codice che poi viene interpretato da una macchina e trasformato in azioni. Questa azione, questo scrivere parole che si trasformano poi in atti, è qualcosa di antico e potente, qualcosa che richiama perfino al lògos biblico, alla parola che nell’essere pronunciata crea.
Non sto paragonando gli sviluppatori a dei, sto dicendo che il modello alla base di questo pensiero, l’uomo-che-scrive-e-la-macchina-che-esegue-quanto-scritto, è davvero qualcosa che è stato immaginato dagli uomini fin dall’alba dei tempi. È il golem, e noi siamo i rabbini. Ed è una delle parti più affascinanti – e se vuoi anche esoteriche – di questo strano lavoro.
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