La bufala del vinile?

Circa cinque mesi fa su Prismomag pubblicarono un articolo intitolato “La grande bufala del vinile”. Si trattava di un articolo ben scritto e ben argomentato che descriveva, in buon italiano, molti dei paradossi del revival dell’LP.

Per quanto l’articolo in questione fosse ben argomentato, all’epoca mi sembrò che mancasse di considerare una serie di parametri e scrissi un commento. Rimango piuttosto orgoglioso di questa puntualizzazione – che vi consiglio di leggere solamente a corredo dell’articolo – quindi la riporto qui:

recordcmyk-sgDisclaimer: anch’io come l’autore dell’articolo NON parlerò di qualità audio.  Gli aspetti che portano un vinile a suonare peggio o meglio di un CD sono centomila, non ultima la qualità della stampa e del mix del CD e del vinile in questione. Dire che “gli LP suonano meglio dei CD” è come dire “le francesi sono più belle delle brasiliane”.

L’articolo è molto interessante, scritto bene e divertente, e dice quasi solo cose vere. Dimentica però – spero involontariamente – altrettante cose belle e vere

1- Il vinile non è che fa figo, il vinile È sexy. È sexy lui, chi lo compra diventa figo solo per luce riflessa. E lo è non perché il disco è grande, nero e pieno di solchi, lo è per via della copertina. La copertina dell’LP, a differenza del CD, è di cartone: ogni volta che prendi in mano un disco lo prendi per la copertina, non per una insulsa scatola di plastica trasparente che CONTIENE la copertina: la maggior parte dei miei CD hanno dei libretti che non ho estratto più di 4-5 volte, anche per non danneggiarli con quelle maledette linguette; i dischi invece li prendi sempre per la copertina. La vedi invecchiare, la maneggi, la accarezzi e senti se è lucida o ruvida. La apri, anche se non vuoi, per estrarre il disco. Nel CD artwork e supporto sono divisi dalla plastica. Sarà anche per questo che sempre più riedizioni deluxe puntano a elaborate confezioni con sovraccoperta cartonata, bustine di carta in cui infilare il CD e ammenicoli simili: il fine non è quello di imitare il vinile, bensì quello di raggiungere lo stesso feel tattile.

2- Il mercato del vinile è fatto in buona parte di usato, e l’usato non sta nei grafici dell’articolo né in qualunque altro grafico che abbia mai visto in articoli simili online. L’usato è l’anima del vinile e non solo perché è un supporto che ha cinquant’anni e passa: ne è l’anima anche perché spesso sono le edizioni originali ad essere quelle che suonano meglio, quelle con la copertina più ricercata, quelle stampate a regola d’arte. Chi acquista musica in vinile si rende conto presto, anche se ha iniziato per moda, che con i 23€ di una ristampa nuova di Alan Parsons ci si può comprare quattro dischi usati del medesimo. L’acquisto di usato porta inevitabilmente all’acquisizione di alcune competenze minime, quelle che ti portano a capire se stai prendendo una fregatura o meno: identificazione di graffi, strisci, solchi e macchie, analisi della copertina, distinzione minima tra le edizioni (apribile o non apribile?). Una volta a casa chi ha comprato il disco usato lo mette su e lo ascolta attentamente, perché vuole essere sicuro di non aver preso cantonate. Chi invece non sta al gioco dell’usato è fuori, dopo un po’ finirà di comprare dischi nuovi perché costano troppo e i suoi amici ne avranno il triplo di lui perché sanno comprare usato.

Un mercatino di CD usati, per contro, è un cimitero di scatole di plastica opacizzate contenenti scarni libretti degli anni ottanta (perché chi mette in vendita un CD usato si tiene le versioni nuove e sbologna le vecchie).

3- L’articolo inizia con una dichiarazione: il vinile non salverà la musica. Vero, e sarebbe da scemi pensare il contrario. Al momento sto godendo come un riccio: quasi tutti i gruppi che seguo e apprezzo, anche contemporanei, pubblicano anche in vinile e se volessi ne potrei comprare uno nuovo al giorno. Passerà questa moda (perché è anche una moda) e verrà inventato qualcos’altro: sarà più difficile procurarsi gli LP nuovi e diventerò anch’io un vecchio nostalgico. E in tutto questo tempo i vinili non avranno comunque salvato la musica, dato che è il concetto stesso di consumo della musica ad essere cambiato. Come dice un fessacchiotto nei commenti dell’articolo, “secondo me, nell’epoca di spotify, non ha senso comprare musuca (sic)”.

4- I vinili sono originali e non si copiano: se un mio amico viene a casa mia e vede un bel disco, lo metto su e gli piace pure, poi cosa può fare? Va a casa e rosica. Non glielo posso masterizzare, quindi se lo dovrà cercare in digitale, oppure comprare il disco anche lui. Fosse anche solo per questo alle case discografiche converrebbe puntare ad avere un giradischi in casa di ogni appassionato di musica.

5- Il vinile si vede: lo vedi sullo scaffale e pensi “oh maronn’, pure questo c’avevo!” e lo metti su. I file si perdono, sono tutti uguali, finché non entri nella cartella o apri il player sono invisibili ed occupano lo stesso spazio fisico sia che siano 100Mb sia che siano 1Tb. Stanno lì, nell’Hard Disk. O in streaming online, cessando di esistere nel momento stesso in cui li hai sentiti.

6- Il vinile è il miglior compagno del digitale: tutti i difetti clamorosi del vinile sono compensati dal digitale, e viceversa: usare quest’ultimo per l’ascolto in mobilità, in ufficio, in viaggio o per lo scambio di musica e il primo per l’ascolto più attento e gudurioso è un’opzione talmente ovvia che mi chiedo come mai non sia seguita dalla maggior parte dei sedicenti appassionati di musica.

7- Il vinile è rituale. L’acquisto è ritualizzato (anche online, sì), l’ascolto è ritualizzato e perfino il riporlo o estrarlo è soggetto a gesti e rituali, sia che lo si compia con attenzione sia che lo si faccia da cazzari. Questo, in un tempo che gode nel recupero della ritualità, gli offre un surplus di significati quasi zen che il CD se li sogna. Senza contare che alzarsi e cambiare lato ogni 20 minuti costringe a non lasciare mai la musica del tutto in sottofondo, rimane una presenza sensibile.

8- Mediamente si finisce per ascoltare i dischi su impianti migliori di quelli sui quali si ascoltano i CD, se non altro perché si necessita di un amplificatore. Così facendo si finisce per apprezzare di più la musica e se ne compra di più, creando un circolo virtuoso.

Insomma, l’articolo è carino ma la questione è molto più complessa di come viene ritratta. Però rimane un bell’articolo, con almeno due punti che mi hanno fatto davvero gongolare:

1- “La musica è un lubrificante sociale, e la musica in vinile di questi tempi lo è anche di più.”

2- “Sapere che la tua erudizione musicale può trovare uno sfogo sociale anche tra i non introdotti inizia a lavorare nel tuo inconscio tipo Inception, e prima che tu te ne possa accorgere ti trovi ad uscire dal negozio di dischi con l’ennesima ristampa in vinile pesante di Master Of Puppets.”

tutto vero.

 

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