Abbiamo perso la memoria del ventesimo secolo.

Se andiamo a vedere un gruppo prog storico ci troveremo davanti nel migliore dei casi dei sessantenni in gran forma. Nel peggiore dei casi invece dei parrucconi che fanno il compitino eseguendo pezzi dei tempi d’oro a metà della velocità originale, e senza sentimento. Lo stesso vale per le cover band, che nascono sempre più numerose per supplire alla nostalgia: anche qui si tratta spesso di poco meno di coetanei dei gruppi originali, o emuli di qualche anno meno, quindi sulla quarantina.

genesis1Quello che rischiamo di dimenticarci davanti a questo spettacolo è come il rock fosse l’espressione di menti giovani, anzi giovanissime. Non erano gli arzigogoli ricercati di artisti in crisi di idee a metà carriera: quelli sarebbero arrivati, e per troppi di loro, più tardi.

I Genesis all’epoca di Foxtrot avevano tra i 22 e i 23 anni (sì, avete letto bene). Quando Peter Gabriel pubblicò Melt nel 1980 aveva trent’anni secchi. Bill Bruford all’epoca dello Yes Album di anni ne aveva ventuno, quando incise Larks’ tongues in aspic ne aveva ventitre. A trent’anni aveva già suonato in Yes, Genesis, King Crimson e stava per riformare questi ultimi in quartetto con Fripp (34), Belew (30), Levin (34). Per dire, i Clash nel 1977 avevano anche loro 22 anni, lo stesso dicasi per Paul McCartney all’epoca di A hard day’s night, Robert Plant quando uscì Led Zeppelin I e De Gregori quando registrò Alice non lo sa.

Erano altri tempi, ma anche altri modi di vivere, ritmi diversi ed un’esposizione culturale dei più giovani che sarebbe impensabile (ma auspicabile) oggi. Ed è sicuramente sbagliato, per noi trentenni o quasi, sentirci in colpa se non siamo stati così precoci e geniali. Dall’altro lato però non dobbiamo dimenticarci che nella giovinezza c’è un’energia e un impulso verso il nuovo che poi si affievolisce, se non coltivato con cura. Guardiamo ai dinosauri giusti allora, cerchiamo col lumicino quelli in cui la fiamma dell’entusiasmo non si è mai spenta. Così potremo trarne vantaggio noi, che arriviamo in inevitabile in ritardo rispetto a tutti loro, e dire di essere stati davvero sulle spalle dei giganti.

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