Starless #1: Glasgow 1973

Con questo post inizia una serie di inutili excursus riguardo ai singoli concerti contenuti nel giga-box dei King Crimson Starless, uscito recentemente: si tratta di un’opera magna di 28 CD più memorabilia, DVD e altre amenità. Nei CD sono inclusi tutti gli show di cui si sia recuperata una registrazione tenuti dal gruppo tra l’uscita di “Larks’ tongues in aspic” (primo show: Glasgow, 23 ottobre 1973) e il tour successivo alla pubblicazione di “Starless and bible black” (ultimo show: credo Mainz, 30 marzo 1974). Si incontrano quindi in prevalenza gli stessi brani, dei quali si può seguire l’evoluzione, intervallati com’era abitudine della band da una folta schiera di improvvisazioni. Inizia quindi un viaggio che ci condurrà dalle prime performance live di classici al tempo ignoti al pubblico come Fracture, Lament o The Night Watch, attaverso l’esplorazione di nuove frontiere e l’introduzione di brani che verranno poi esclusi dal disco, fino agli ultimi show del tour che vedranno la presentazione del brano definitivo del Progressive e il testamento dei Crimso per 6 anni, ovvero Starless.

glasgowLo show di Glasgow non è una gran novità, dato che era già stato distribuito su DGMlive e – in parte – in The Great Deceiver proprio a causa dell’altissima qualità dello show e della registrazione. Siamo ancora in una fase di transizione post-Larks e Bruford tende ancora a dividersi tra il ruolo di batterista e quello di percussionista più di quanto avrebbe fatto in passato. Un’ottima versione di Larks’I apre le danze, ma il fuoco tra la band e il pubblico si infiamma nel momento in cui Fripp dichiara che il concerto verrà registrato. Easy Money è tonante e violenta rispetto alla versione su disco, ovvero l’unica incisione nota agli spettatori all’epoca, e viene impreziosita da una serie di arpeggi di Fripp che generano tensione e precludono alla lunga, diluita improvvisazione centrale. Il finale esplosivo si trascina fino a confondersi con una breve improvvisazione ben nota a chi possiede da anni la discografia del gruppo, in quanto altro non è che la traccia base di “We’ll let you know”, successivamente pubblicata su Starless and bible black omettendone la natura di improvvisazione registrata dal vivo.
La prima parte del set prosegue con tre pezzi che al pubblico dell’epoca erano totalmente sconosciuti, dato che dovevano essere ancora pubblicati, ma qui appaiono già in forma pressoché compiuta: The night watch, Fracture, Lament. La concentrazione dei musicisti è alle stelle e si sente, soprattutto nelle prove vocali di Wetton e nel nervosismo che permea gli interventi di Fripp. Non sarebbe stato semplice per nessuno comporre, preparare ed eseguire dal vivo le intricate sezioni di Moto Perpetuo in Fracture e poche altre band sarebbero riuscite a portare sul palco, dopo poche settimane dalla composizione, un brano così strutturato fornendone un’esecuzione così completa. Eppure anche un monolite come Fracture è soggetto a delle modifiche sera dopo sera: in questa versione troviamo ancora alcune parti (ad es. il crescendo da 7:05 a 8.50) che verranno poi rimosse dalle versioni successive e da quella “ufficiale” pubblicata su Starless And Bible Black, tant’è che a Glasgow il pezzo dura tre minuti in più della versione che tutti conosciamo.

“George, if you really want to change the reel this could be the right moment to…”

Mentre Fripp parla il fonico cambia il nastro e inizia la seconda parte dello show. Un breve accenno di musica già nota al pubblico con una splendida versione di Book of saturday e subito la band si tuffa nuovamente nell’ignoto: Tight Scrummy è un’improvvisazione già nota perché pubblicata su The Great Deceiver ma non smette di impressionare per la struttura diversa dal consueto. Anziché iniziare lentamente e sovrapporsi per stratificazioni, fino a raggiungere un interplay, inizia direttamente con un giro di percussioni (un loop, diremmo ora, dopo 40 anni) sul quale gli altri strumenti si inerpicano. In questo ricorda molto, pur con una diversa dinamica, la più celebre “Improv: Asbury Park” pubblicata su USA nel 1975. Non ho francamente ancora capito se il giro di percussioni fosse generato con dei nastri o in quale altro modo, ad ogni modo si trattava di un esperimento molto interessante a livello sonoro ma probabilmente meno a livello compositivo, tant’è che venne presto abbandonato in favore delle improvvisazioni più free.
Tight Scrummy sfuma in una coda chitarristica lancinante che si apre in una Exiles forse meno dolce del solito ma non per questo meno interessante per poi sciogliersi in una più breve improvvisazione dal titolo azzeccato di “Loose scrummy”, a sua volta introduzione di The Talking Drum. La seconda parte del set, da Tight Scrummy in poi, è di fatto suonata senza soluzione di continuità e questo dà forza alla performance generando una Talking Drum non incredibilmente parossistica ma molto precisa, con il violino di Cross in forte evidenza. Anche Larks’II sembra meno selvaggia del solito ma più tecnica.

L’ultima sorpresa di questo show arriva con il bis, nel quale vengono proposti due pezzi da In the wake of poseidon: Peace, a theme (breve strumentale per sola chitarra, non molto percepibile sotto le urla e gli appplausi del pubblico) e a seguire Cat Food. L’ambiguità jazz di quest’ultima viene azzerata e sostituita da una serie di attacchi sincopati di basso e batteria e lievi pennellate di violino, trasformandola nel fratello minore della Dr. Diamond che verrà composta e proposta più avanti nel tour. Verrà eseguita da questa formazione e con questo arrangiamento ancora per una manciata di date, per poi essere definitivamente abbandonata.

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